IMPRONTE INFUOCATE

Su Apparizioni Apporto Corrispondenze incrociate Calchi medianici Identificazione spiritica Impronte infuocate Infestazioni Materializzazioni Xenoglossia

( Vedere foto a fondo pagina )

 

Da “ L’Uomo e l’Ignoto – vol. III

 

   Fenomeno affine a quello delle impronte paranormali, ma che si svolge in un clima psichico molto diverso oltre ad avere una diversa manifestazione: si tratta infatti d’impronte di dita o di mani lasciate sotto forma di bruciature, su oggetti vari, come abiti, libri, mobili, talora anche sulla pelle umana, sia quali vere e proprie ustioni dolorose, sia come semplici annerimenti indolori. Un’altra caratteristica è che, a differenza di quanto avviene nelle semplici impronte paranormali, la manifestazione del fenomeno è quasi sempre accompagnata dall’apparizione del fantasma che lascia l’impronta. Questi casi sono di norma spontanei; sperimentalmente si è ottenuta, molto di rado, qualche bruciatura, ma non mai, che si sappia, sotto forma d’impronta.

   La maggior parte di questi fenomeni sono riportati dalla tradizione religiosa fin dal medioevo, e si collegano o all’Inferno o al Purgatorio, luoghi dove, da sempre, si è immaginato il predominare del fuoco come tormento o purificazione. Se ne considerano autori demoni, dannati, o anime espianti. Nel “ Piccolo museo del Purgatorio “ che si può visitare nella Canonica del Sacro Cuore del Suffragio a Roma, vi sono vari documenti del genere: la manica della camicia di Suor Isabella, su cui, nel 1731, il fantasma di Padre Panzini lasciò l’impronta bruciacchiata delle sue dita; un libro che reca l’impronta carbonizzata della mano della suocera della signora Margherita Demmerlè ( 1815 ); un altro su cui un’impronta simile sarebbe stata lasciata, nel 1838, dal fantasma di Giuseppe Schitz. Nel 1950, il Gradinski raccolse e cercò di controllare per quanto possibile alcuni casi antichi e recenti di cui diede relazione nel Neue Wissenschaft. Verso il 1750 un certo Kaspar Rőslein, giardiniere dei baroni von Hattersdorf a Tothenfels, insistentemente pregato dalla voce di un fratello defunto perché compisse un pellegrinaggio in una data chiesa dove egli si era proposto di andare da vivo, aderì alla richiesta e, giunto alla chiesa, durante la messa, mentre si toglieva di tasca il fazzoletto, sentì una mano stringere la sua e sul fazzoletto trovò l’impronta a fuoco di cinque dita. Il fatto venne confermato da una lettera del vescovo di Würzburg. Il 29 aprile del 1736, in una osteria di Fuchsmühl, apparve a quattro persone il fantasma di una certa signora Anna Peymlein, il quale, dopo aver chiesto che si stendesse un fazzoletto sul tavolo, vi pose sopra una mano lasciandovi un’impronta infuocata. La relazione dell’avvenimento fu firmata dai quattro presenti. L’ufficio parrocchiale di Hall, nel Tirolo, possiede un antico libro di prediche con l’impronta carbonizzata del pollice del cappellano Christoph Walpach: l’impronta ha forato la copertina e una cinquantina di pagine del libro. L’ingegnere G.W. Surya, nel 1918, riferiva un caso di cui era stato testimone. Mentre era in visita da un’amica, vide lo sguardo di lei fissarsi atterrito in un punto della stanza; guardò anche lui e vide del fumo levarsi da una cassetta di legno. La signora gli disse di avere visto una sua amica, defunta da tre mesi, mettere una mano su quella cassetta, e su di essa venne infatti rinvenuta l’impronta carbonizzata di una mano femminile. Nel 1926 si parlò del fantasma della superiora del monastero di St. Veith, in Austria, che, posando una mano sulla cuffia di una monaca, vi lasciò una profonda bruciatura. Circa la stessa epoca, nel territorio della Saar, una fanciulla che assisteva ad una messa funebre vide, presso il messale, l’apparizione di un defunto sacerdote avvolto nelle fiamme: molte pagine del messale risultarono bruciacchiate.

   Casi del genere sono molto numerosi ma difficilmente controllabili. Si può pensare che, almeno in parte, siano genuini perché combustioni paranormali sono state più volte accertate in casi di Poltergeist, e tra i due fenomeni vi è un’evidente affinità. Come prove di sopravvivenza non possono essere considerati sicuri, trattandosi, in definitiva, di fenomeni chimici combinati con possibili fenomeni di ideoplastia.

   Riporteremo, ora, alcuni casi specifici su questi interessanti fenomeni.

1 -  CASO GIOVANNI CLEMENT - Dal volume “ Marche ed Impronte di Mani Infuocate “ di E. Bozzano. Pag. 9 e seg.

   Scrive l’Autore:

  “  Comincio con l’esporre i fatti, riportando un caso riferito dal prof. Richet.

   Nella cronaca latina tradotta dal prof. Richet, cronaca che originariamente venne pubblicata nell’anno 1654, per ordine dell’arcivescovo di Strigont, Giorgio Lippai, e che si conserva nel Venerabile Capitolo di Pesth, si narra come a Presbourg vivesse un tedesco di nome Giovanni Clement, il quale si era convertito alla fede luterana, per indi, in età matura, tornare alla fede cattolica, e morire a 60 anni. Egli aveva condotto una vita poco encomiabile, e dopo morto, apparve a numerose persone, ma la cronaca qui considerata si occupa specialmente delle sue manifestazioni a una fanciulla di Hallstad ( Austria ),di nome Regina Fischerin, dell’età di anni 19, cattolica fervente e di costumi irreprensibili.

   Sorvolo sulle manifestazioni supernormali che non riguardano il tema qui considerato, manifestazioni consistenti in fenomeni luminosi, apporti, trasporti di oggetti, e in una “ voce diretta “ la quale conversò coi sacerdoti teologi accorsi sul posto, e venne da taluno fra essi riconosciuta per la voce autentica del defunto. Rilevo inoltre che dalla cronaca in esame si apprende come in una circostanza in cui si estrinsecarono fenomeni notevolissimi di trasporto intelligente di oggetti, “ Regina rimanesse fuori dei sensi e come inanimata per lo spazio di due ore “, mentre in altra occasione è detto che “ Regina palesemente spossata da tutte quelle prove, si era profondamente addormentata “; due circostanze di fatto preziose, in quanto dimostrano come la veggente fosse una medium, e cadesse in trance al momento dell’estrinsecazione dei fenomeni fisici; ciò che tenderebbe a provare l’autenticità delle manifestazioni in esame. Rammento in proposito che le osservazioni incidentali analoghe alle precedenti, quando sono registrate da relatori che non ne conoscono il significato e l’importanza, costituiscono la migliore garanzia di autenticità ogni qual volta si tratti di relazioni incontrollabili con metodi diretti.

   Ciò premesso, passo a citare l’episodio che ci riguarda. A un dato punto il relatore osserva che lo spirito andava diventando turbolento e violento, sbatacchiando porte e trascinando catene, mentre Regina perdeva spesso l’uso della parola e rimaneva inanimata per lungo tempo. Allora il padre consigliò la figlia a provarsi ad afferrare lo spirito onde immobilizzarlo. La figlia così fece, ma nulla strinse fra le braccia, avvedendosi con ciò che si trattava di un’ombra vana. La cronaca così continua: “ Allora Regina temendo di essere vittima di un’illusione chiese allo spirito di toccarla con un dito. Lo spirito la toccò sul braccio destro; ed ecco formarsi una vescica sul punto in cui fu toccata, mentre essa ne risentì dolore e bruciore, così come se si fosse trattato di una scottatura. Tale vescica rimase sul braccio di lei, e tutti i famigliari poterono osservarla. Al fine di accertarsi se aveva a che fare con uno spirito cattivo, Regina gli chiese di tracciare il segno della croce. Al che lo spirito:” Ecco ciò che mi domandi “; e così dicendo, fece apparire sulle di lei vesti una croce infuocata, mentre simultaneamente egli scottava la mano destra di Regina, imprimendovi un’altra croce, che tutti poterono osservare… Tuttavia Regina chiese ancora che la mano dello spirito imprimesse il medesimo segno su una moneta. Lo spirito obbedì: prese una moneta e la gettò per terra; quindi strappò dalle mani della giovinetta un pannolino e lo gettò sulla moneta. Infine prese la mano destra di Regina e impresse su di essa il marchio infuocato di una triplice croce…Regina perdette conoscenza. Sua sorella aveva inteso quel dialogo, e più tardi i famigliari poterono tutti osservare coi loro occhi il marchio della mano infuocata sul pannolino e sulla moneta… Il fatto è straordinario; anzitutto perché le impronte della mano e della croce risultano perfettamente delineate; indi, il marchio del fuoco non esorbita dal disegno della mano e della croce, laddove il fuoco autentico tende ad allargarsi in una stoffa che arda. Infine, perché la mano destra rimasta impressa sul pannolino è in tutto corrispondente alla mano destra di Clement. Da notarsi in proposito che lui vivente, e in causa di malattia, gli era stata amputata la prima falange del dito indice…”.

   Questi i fatti; la descrizione dei quali appare piuttosto confusionaria e insufficiente; ma non si può pretendere da un relatore di tre secoli orsono la precisione scientifica, od anche la chiarezza letteraria che si esigerebbe in una relazione moderna di fenomeni metapsichici. Così, ad esempio, il fenomeno più importante, che è quello della mano infuocata rimasta impressa su di un pannolino, è riferito imperfettamente; ma per buona fortuna esiste l’impronta della mano in discorso tramandata fino a noi, la quale testifica sull’autenticità del fenomeno e la perfetta conformazione dell’impronta ottenuta, con la prova d’identificazione consistente nella mancanza in quella mano della prima falange del dito indice.

 

2 – CASO ABATE PANZINI / SANTA CHIARA DI TODI – Idem pag. 12 e seg.

   Quest’altro caso, ch’io tolgo alla monografia dell’avv. Zingaropoli ( Luce e Ombra – 1910 – pag. 464/467 ), si riferisce ad impronte di mani infuocate che tutt’ora si conservano nel monastero di Santa chiara di Todi. L’avv. Zingaropoli informa:

   Il Padre V. Jouet, Missionario Apostolico, ha fondato in Roma ( Lungo Tevere; Prati – 12 ) un museo d’Oltretomba. Egli presenta ai suoi visitatori preziosi cimeli e documenti relativi a svariate manifestazioni di defunti. Possiede centinaia d’incisioni appartenenti ad epoche diverse e libri antichi; ma la parte più curiosa della raccolta è nelle fotografie d’impronte e mani di fuoco che, a suo dire, va aumentando di giorno in giorno. Parecchie di siffatte figure, con articoli illustrativi, si vedono riprodotti nella rivista mensile “ Il Purgatorio visitato dalla carità dei fedeli “. E, nel fascicolo di aprile 1909 ( pag. 114 ) si discorre delle famose impronte di fuoco conservate nel monastero di Santa Chiara di Todi.

   La protagonista del fatto memorabile è Chiara Isabella Fornari, nata in Roma nel 25 giugno 1637, abbadessa del monastero di Santa Chiara in Todi, morta nel 1744 in odore di santità. Il processo è in corso, ed essa è  “ Venerabile “. Ciò ricordato, lascio la parola al prof. Jouet che riferisce le impressioni della visita da lui fatta all’accennato monastero:” Il venerdì 17 luglio 1901 avemmo la consolazione di fermarci a Todi, provincia di Perugia, nel monastero delle Suore Clarisse, ove si santificò, quasi due secoli fa, la Venerabile Chiara Isabella Fornari, i cui numerosi miracoli ne fecero introdurre la causa di beatificazione e canonizzazione presso la Sacra Congregazione di Roma.

   Muniti di una lettera di raccomandazione di Sua Eminenza Reverendissima il cardinale Giuseppe Vives y Tuto, presso sua Eccellenza  Monsignor Ridolfi, vescovo di Todi, potemmo vedere coi nostri occhi e tenere nelle nostre mani, tra le altre reliquie e ricordi preziosi, anche le tracce, tuttora distinte e completamente conservate, cui lasciarono sopra gli oggetti e vesti della Venerabile le mani di fuoco del Reverendo Padre Panzini, abate Olivetano in Mantova, alcuni minuti prima di essere liberato dal Purgatorio. La Reverenda Madre Chiara Isabella Patrizi, attualmente abbadessa del monastero, dopo avere ammirato alcune fotografie riprodotte nella nostra rivista, ci permise benignamente di fotografare per la prima volta dopo 170 anni di loro esistenza, questi documenti di così alta importanza per il nostro museo d’oltretomba e per la nostra pia associazione… La tavoletta di legno sulla quale il defunto lasciò l’impronta di fuoco della sua mano sinistra, e sopra la quale tracciò col pollice della mano destra una croce di fuoco, era adibita dalla Venerabile suor Chiara Isabella alla preparazione di bambini di cera.

   La carta con l’impronta di fuoco della mano sinistra del defunto si trova racchiusa tra due cristalli; l’abbiamo fotografata d’ambedue i lati: il diritto e il rovescio. La manica della tonaca, come pure la manica della camicia con l’impronta di fuoco della mano destra, sono state fotografate da un solo lato.

   Il ragguaglio qui sotto riprodotto, scritto per intero dal confessore Padre Isidoro Gazale, abate del Santissimo Crocifisso, con la data del giorno stesso dell’avvenimento, fu trascritto sopra due pagine del registro nel quale si conservano le gesta della Venerabile. Abbiamo fotografata in un’unica lastra questa copia che ora si conserva nel monastero di Todi.

   ( Firmato: V. Jouet, Missionario Apostolico – Canonico Onorario di Marsiglia ).

   RAGGUAGLIO della vera mano del Rev. Abb. Panzini Olivetano, addì 1° novembre 1732.

   “ Suor Chiara Isabella Fornari, che per obbedienza datale da me, Padre Isidoro Gazale Abb. Del SS. Crocifisso, suo confessore ordinario, di offerirsi per l’anima del fu P. Rev.mo Panzini, Abb. Di Mantova Olivetano, nei giorni decorsi ha patito grandi abbandoni e grandissimi altri patimenti ordinatigli dal Signore per sollievo e liberazione di quell’anima che atrocemente, si compiaceva il Divino Amore darle cognizione, nel Purgatorio pativa. Questa mattina con surrogarsi la medesima Suor Chiara Isabella ad altri patimenti, ha ottenuto dal Signore di mandare l’anima al Paradiso nel tempo appunto che per la medesima ho celebrato la Santa Messa; ma, poiché mi avanzai a dire a Suor Chiara Isabella che bramato avrei di avere qualche segno  di qualche mio amico ch’essa avesse veduto andare al Cielo, come accadde al Padre Pio M. Crivello, suo antico direttore, di un fratello del medesimo che lasciò a Suor Chiara Isabella il segno della sua mano nell’andare in Paradiso; così bramavo di qualcheduno succedesse anche a me in maggiore autenticazione di queste cose; e Dio ha permesso che l’anima di questo mio amico mi abbia consolato come bramavo; poiché nella mia Messa è comparso avanti a Suor Chiara Isabella e molto animandola a patire, ringraziandola delle sue generose offerte fatte per essa, e me dei SS. Sacrifizii, assicurandola che grata ci sarebbe stata per sempre, le disse che il Signore col suo mezzo, abbreviato le aveva il Purgatorio e che se ne andava in Cielo; e, ciò detto, le pose una mano in una tavoletta che aveva in uso pei suoi Bambini, e prima, come soglion fare le anime purganti, ma non mai le Dannate, le fece un segno di Croce; e in ogni modo restò impresso, e la Croce e la mano nella tavoletta; poi la prese per un braccio e con altra mano in un foglio di carta la calcò, e sì nel braccio, come nella camicia, e tonica e carta con duplicato disegno, è rimasta la vera verissima mano del suddetto R.mo Abb. Panzini, che pare a me, e a chi l’ha conosciuto la vera verissima mano del medesimo; né più simile si poteva fare, essendo in verità stata fatta dalla sua mano medesima, né cosa più simile al suo originale di questa ho più veduto; ciò fatto e questo segno lasciandole, se ne volò col darle mille benedizioni al bel Paradiso.

   Conferitomi il tutto Suor Chiara Isabella, le imposi di staccare la manica della tonica, e la manica parimenti della camicia, e tutto mi portasse con la carta e la tavoletta; il che fece, ed essa solo tenne per sé la piaga che nel braccio rimasta gli era della scottatura della suddetta mano che portò per qualche tempo sino che ebbe consumati i patimenti ai quali offerta e surrogata si era per la liberazione della suddetta anima, e io tutto tenendo appresso di me in attestato di queste verità, e sì sublimi grazie, sempre più ringrazio il Signore delle misericordie che ci usa per mezzo di questa creatura, a Lui sì grata, e tutto attesto per pura verità di proprio pugno “.

   ( Firmato: Padre Isidoro Gazale, confessore ).

   Rilevo anzitutto, continua il Bozzano, come il caso esposto debba considerarsi documentato in guisa soddisfacente, tenuto conto che chi dettò la relazione dei fatti fu lo stesso Padre confessore della Venerabile Madre Badessa Fornari, che ne fu la percipiente – protagonista. Si aggiunga ch’egli scrisse la propria relazione il giorno stesso in cui si svolsero i fenomeni. Inoltre, si tenga conto della circostanza che le personalità della percipiente e del relatore sono moralmente insospettabili, ciò che trae razionalmente ad ammettere la loro buona fede assoluta; mentre il fatto delle impronte le quali si conservano tutt’ora nel monastero in cui si conseguirono, attesta in modo risolutivo che non si trattava di un caso di allucinazione collettiva.

   Noto infine come anche in questa relazione si rilevino delle frasi le quali dimostrano come la Venerabile Chiara Isabella Fornari fosse dotata di reali facoltà medianiche. Infatti il relatore informa che la predetta Madre Badessa “ nei giorni scorsi ha patito grandi abbandoni e grandissimi altri patimenti “; e più oltre aggiunge che “ col sottomettersi ad altri patimenti, essa ottenne dal Signore di mandare l’anima al Paradiso “. Ora si comprende facilmente che gli “ abbandoni “di cui parla il relatore, corrispondevano ad un succedersi di sta di trance, e i “ patimenti grandissimi “ erano le crisi di lamenti ed affanni, e gli accessi convulsivi che ordinariamente precedono e succedono al sonno medianico; tutte circostanze che valgono a convalidare ulteriormente l’autenticità supernormale dei fatti. Quanto alle impronte di fuoco ottenute, esse risultano in questo caso eccezionalmente numerose. Infatti si rilevano le impronte di una mano sinistra e di una croce sopra una tavoletta in legno; l’impronta di una mano destra sulle maniche della tonaca e della camicia della Venerabile Madre Badessa; e infine, l’impronta, o meglio, la vescicazione con piaga, rimasta sul braccio della medesima per effetto del contatto della mano del fantasma.

 

3 – CASO SUOR TERESA MARGHERITA GESTA – Idem – pag. 19 e seg.

   Scrive il Bozzano:” Quest’altro caso, ch’io tolgo dalla relazione dell’avvocato Zingaropoli ( “ Luce e Ombra “ – 1910 – pagg. 614/617 ), risulta a sua volta molto ben documentato, e si realizzò nell’anno 1853; dunque in tempi relativamente recenti. Lo Zingaropoli riporta nella loro integrità i brani più salienti della relazione firmata dalla Madre Badessa e dalle suore anziane del monastero delle Terziarie Francescane di Sant’Anna in Foligno, ratificata da altre autorevoli testimonianze, come si vedrà. La defunta manifestatasi si chiamava Suor Teresa Margherita Gesta. Era nata in Bastia di Corsica il 15 marzo 1797 da un ricco mercante e, portata alla contemplazione, aveva rinunciato agli agi del mondo e vestito l’abito religioso il 24 ottobre 1826, nel monastero delle Terziarie Francescane di Sant’Anna di Foligno, ed ivi era morta il 4 novembre 1853.

   A questo punto lascio la parola alla Madre Badessa Maria Vittoria Costante Vichi:

   “ Il giorno 5 le furono fatti i solenni funerali, e il giorno 6, dovendola tumulare, si pensava di collocarla in luogo separato; ma poi si convenne di farle la cassa di legno ( cosa che non si era mai praticata ) e tumularla nel sepolcro comune delle monache. Intanto il confessore della comunità, Padre Lorenzo di Solero Alessandrino M.O., scritte alcune cose di lei, mise lo scritto in una piccola boccia di vetro, ponendola al fianco della defunta entro la cassa suddetta, e pronunciò queste parole alla presenza di molte monache:” Io non ho voluto dir nulla dei doni di cui essa è stata favorita da Dio, perché, se vorrà qualche cosa si farà sentire da sé “. Ciò detto si chiuse la cassa e si calò nel sepolcro.

   Trascorsi appena tre giorni dalla sua morte, una voce lugubre e lamentevole incominciò a quando a quando a udirsi nella camera, o poco lungi, ove morì; al che però non si dava alcun peso, mentre si giudicava alterazione di fantasia di monache timide e paurose, finchè il giorno 16 del sopradetto mese di novembre, alle ore 10 antimeridiane, la religiosa corale, Suor Anna Felice Menghini di Montefalco ( monaca fra tutte la più coraggiosa ) recatasi pel disimpegno del proprio ufficio nel camerone delle biancherie, nel salire le scale sentì un lamento affannoso e le sembrò subito di riconoscervi la voce dell’estinta sua compagna d’ufficio Suor Teresa Margherita. Ma, lusingando sé stessa col dire:” Sarà qualche gatto rinchiuso nei credenzoni “, proseguì innanzi coraggiosa e recossi direttamente ad aprirne uno; ma, nulla scorgendovi, tosto il rinchiuse. In questo il lamento si fece nuovamente sentire. Apre allora un secondo credenzone, ma nulla vedendo neppure in questo, lo rinchiuse come il primo, e il lamento si fa sentire altra volta. Fattasi ad aprire il terzo, senza nulla vedere, sente una terza volta il lamento. Allora la religiosa intimorita gridò:” Gesù e Maria, e che cosa è mai? “. Non aveva terminato queste parole, che la voce lugubre della defunta con affannoso sospiro esclamò:” Oh! Dio, che peno tanto! “. Suor Anna Felice in ciò udire, tremò e impallidì, perché riconobbe chiaramente la voce dell’estinta Suor Teresa Margherita. Tuttavia, fattasi animo, le rispose:” E perché? “. E la defunta:” Per la povertà “. E come, soggiunse l’altra, voi che eravate tanto povera? “. “ Non per me – ripigliò la defunta – ma per le monache!... Se basta uno, perché due o tre? E bada a te! “. E in ciò dire, si riempì il camerone di denso fumo, e l’ombra della defunta da un credenzine si diresse alla volta delle scale, sempre discorrendo, ma senza che nulla si comprendesse dall’intimorita Anna Felice. Giunta alla porta, con voce alta disse:” Questa è una misericordia: Io non ci torno più, e per segno di ciò…”. E qui diede un colpo alla porta ben marcato e distinto, e tosto il fumo si dissipò e il camerone riacquistò la primiera sua luce “.

   A questo punto si descrive il trambusto avvenuto nel monastero appena si sparse la nuova dell’accaduto; dopo di che, la relazione così continua:

“ … Le monache in un baleno furono tutte  al Badessato intorno alla Menghini per sentire da lei genuinamente il successo. Questa narrò loro quanto le era occorso; ed esse, in sentire che la defunta aveva detto: Per segno di ciò… e aveva dato un colpo alla porta, dissero subito:” Avrà dunque lasciato un qualche segnale? “. E la Menghini:” Io non lo so, perché spaventata com’ero non ho pensato a guardarvi “. Allora le religiose tutte unite si recarono a visitare la porta e vi trovarono l’impronta della mano di Suor Teresa Margherita, migliore e più perfetta di quella che si farebbe da un perito artefice con una mano di ferro infuocato…”.

   La relatrice continua narrando un sogno che fece in quella notte  Suor Anna Felice, in cui le apparve la defunta, che ringraziò le proprie consorelle per il benefico effetto delle loro preghiere. Quindi soggiunse:” Tu pensi di cancellare dalla porta l’impronta della mia mano. Non potrai giammai effettuarla neppure con l’aiuto di altri. Quella è una misericordia, un avviso; e senza di essa non sarei stata creduta… “.

   La Curia arcivescovile di Foligno venuta a cognizione dell’accaduto, il 23 dello stesso mese ne fece redigere analogo processo. Per cui si riaprì il sepolcro, e si presentò la mano vera della defunta sull’impronta lasciata nella porta, e da testimoni oculari appositamente chiamati, si attestò che vi corrispondeva appuntino. Poi l’impressione della mano si coprì con un velo e si sigillò e, tolta la porta dal suo posto, fu collocata in luogo riservato. In appresso per ordine della stessa Curia, furono tolti i sigilli ed il velo e fu permesso di farla vedere a chiunque lo avesse richiesto. Al presente, per maggior cautela, è stata fatta un’apposita cornice con chiavetta e cristallo, da cui il segno della mano resta chiuso e ben custodito. La relazione è sottoscritta dalla Madre Badessa Suor Maria Vittoria Costante Vichi, dalle Suore anziane Maria Eletta Bartoccini, Anna Teresa Giovagnoli, Maria Concetta Polcri, Anna Felice Menghini, Maria Maddalena Minelli e dalla Suora Vicaria Maria Angiolina Torelli. Seguono altre testimonianze, in data 2 luglio 1870, del Padre Vincenzo Amoretti dei Predicatori e del Padre Gioacchino Priore Medori Pro-Vicario Generale. Infine, il Padre Giuseppe Sensi, Guardiano dei Minori Osservanti di San Bartolomeo certifica quanto segue, in data 4 aprile 1871:” Che la relazione dell’Abbadessa di Sant’Anna è conforme a quelle testimonianze in essa raccolte, le quali, avuto riguardo agli aggiunti circostanziali anteriori, susseguenti e concomitanti dei tempi, dei luoghi e delle persone, si possano, secondo le regole di sana morale cattolica e della esatta critica, ritenere per non dubbie “.

   Come si vede, anche l’episodio esposto appare documentato con testimonianze ineccepibili, mentre la relazione intorno al medesimo risulta scritta subito dopo gli eventi, e diede luogo ad un’inchiesta immediata ordinata dalle autorità ecclesiastiche, nella quale si rileva il particolare notevolissimo della bara scoperchiata onde procedere al confronto dell’impronta infuocata con la mano della defunta. Infine, giova tener conto altresì che questa volta non si tratta di un evento antico di qualche secolo, ma di un episodio occorso nell’anno 1853, quindi in epoca relativamente recente.

   Nella magnifica fototipia dell’impronta pubblicata su “ Luce e Ombra “ la mano appare distintamente impressa nel legno, con la caratteristica saliente delle falangi estreme di ogni dito rimaste profondamente incavate nel legno bruciato dal contatto della mano del fantasma; particolare quest’ultimo che assume notevole importanza dal punto di vista probativo, in quanto non si sarebbe potuto ottenere un risultato simile applicando sul legno della porta una mano di ferro arroventata, con palma aperta. In altri termini, si sarebbe richiesto che la presupposta mano di ferro fosse foggiata con le cinque falangi estreme delle dita in attitudine ripiegata; ed ove ciò fosse, allora non si sarebbe ottenuta l’impronta intera delle dita e della mano. Tutto questo sia detto a titolo di divagazione critica, giacchè non è certo verosimile il presumere che in un monastero si trovasse una mano di ferro a disposizione di chi voleva mistificare, e che per soprappiù tale mano risultasse una riproduzione esatta di quella della defunta.

 

4 – CASO ANNA MRACEK – Vol. Idem – Pag. 28 e seg.

   Il prof. Vincent Collis di Chrudim ( Cecoslovacchia ) scrive in questi termini alla direzione della “ Revue Spirite “ ( 1926 – pag. 320 ):

   “ Recentemente mi cadde sott’occhi un numero arretrato ( 25 agosto 1881 ) del giornale Czeco “ Chrudimsky Kvaj “, della provincia di Chrudim; e nella sezione riservata ai Tribunali lessi un articolo intitolato: L’ anima di un morto che non ha riposo.

   Tenuto conto che i fatti ivi narrati rivestono un’importanza eccezionale per le indagini psichiche, vista l’indiscutibile autenticità dei fatti stessi, e in conseguenza, l’importanza che presentano quali documenti che potrebbero da soli bastare a risolvere in senso affermativo l’eterna controversia intorno alla sopravvivenza dello spirito umano, mi sono deciso a tradurre l’articolo, nel dubbio che i fatti in discorso non abbiano ancora avuto diffusione adeguata pel tramite delle riviste metapsichiche.

   Il processo di cui si tratta nella relazione, si svolse al Tribunale di seconda istanza di Chrudim nell’agosto del 1891.

   Questa la traduzione letterale dell’articolo:

        L’ANIMA DI UN MORTO CHE NON HA RIPOSO

   ( Rendiconto di un’udienza dinanzi al tribunale di seconda istanza, a Chrudim ).

   Probabilmente i lettori ricorderanno ancora il misterioso assassinio della contadina Anna Mracek, moglie di Jean Mracek, proprietario di una piccola casa, e ferroviere sulla linea nord-ovest, a Vojtehev, sottoprefettura di Illinsko.

   Nella sera dell’11 settembre del 1890, la moglie di Mracek uscì di casa allo scopo di raccogliere strame per la mucca, e non tornò più a casa. Il domani ne fu rinvenuto il cadavere presso una siepe che costeggia il ruscello prossimo a casa sua. Era stata colpita da una fucilata nella schiena… Chi l’aveva uccisa? E perché l’avevano uccisa?

   Entrambi i quesiti apparvero ben presto insolubili. I primi sospetti caddero sul marito dell’assassinata, ma dopo un breve periodo di arresti, egli fu rilasciato e dichiarato fuori causa. Dopo di lui, furono sospettati i due concessionari della caccia comunale, Joseph Zavrel e Michel Vesely. Ma ben presto si dovettero rilasciare anche loro, giacchè le loro famiglie e i loro domestici testimoniarono unanimemente che durante la notte fatale, i due sospettati non si erano mossi da casa. Siccome non esistevano altre presumibili persone sospettabili, l’inchiesta della polizia pervenne a un punto morto, e si arrestò; dimodochè il delitto sarebbe rimasto impunito, se non fosse occorso un incidente insospettato, d’ordine non comune. Il giorno 21 febbraio 1891, il contadino Joseph Kreil si presentò al Procuratore generale di Chrudim, e ancora tutto tremante, fece la seguente stupefacente dichiarazione:

   “ Alcuni giorni or sono, verso la mezzanotte, mi sentii svegliare da un’influenza misteriosa e irresistibile. Aprii gli occhi, e mi vidi dinanzi la defunta Anna Mracek, vestita di bianco. Non ebbi da faticare per riconoscerla. Fuori di me per l’emozione, fui subito colto dall’impulso di fuggire; ma il fantasma mi calmò dicendo:” Non aver paura! Vengo per dirti che chi mi uccise fu Lastuvka ( nomignolo del fittavolo Joseph Zavrel ), sparandomi contro un colpo di fucile; e l’altro, il Vesely, mi ha trascinato nella stalla della tenuta di Lastuvka. Recati dal curato a raccontargli quanto ti dissi. Egli ti consiglierà sul da fare “. Il fantasma ripetè tre volte quelle parole, e poi disparve. Io ero pienamente sveglio, in possesso assoluto dei miei sensi, e in nessun modo poteva trattarsi di un sogno. Guardai l’orologio, e vidi che segnava le dodici e mezza. La sera precedente io non ero stato all’osteria; non avevo assaggiato né birra, né acquavite. Inoltre da lungo tempo non si parlava più di quel delitto, per cui non si potrebbe asserire che la mia visione fosse conseguenza di qualche discorso udito intorno al dramma. Io non abito nel villaggio di Vojtechov,e non mi sono mai interessato dell’assassinio di Anna Mracek “. 

   Questa la deposizione semplice e convincente fatta dal contadino Kreil. Ma ciò non è tutto, giacchè si seppe che la defunta apparve a Kreil una seconda, una terza e una quarta volta; sempre sul fare della mezzanotte, nelle medesime condizioni di estrinsecazione. E l’ultima volta il fantasma aveva minacciato il Kreil della sua collera, dicendogli che se non si decideva a ottemperare alle sue ingiunzioni, lo avrebbe perseguitato senza pietà. Il poveruomo non sapeva a che santo votarsi. Le persone a cui si era confidato erano rimaste scettiche, e l’avevano schernito. Nessuno voleva credergli, ma intanto lui non poteva aver pace, giacchè il fantasma gli appariva tutte le notti. Finalmente una notte, non appena gli apparve il fantasma ripetendo la solita frase:” Lastuvka mi ha ucciso con un colpo di fucile, e Vesely mi ha trascinato nella stalla “, egli battendo i denti e sudando freddo, balbettò:” Ma dammi dunque una prova materiale della tua presenza; lasciami un segno visibile a tutti, in modo che la gente creda alle mie parole! “. Il fantasma rispose:” Quanto a darti una prova, io non dispongo di mezzi per farlo, ma se ti basta un segno, allora avvicinati a me “. Kreil, docile, senza volontà, scese dal letto e accese una candela, riscontrando che il fantasma rimaneva visibile anche con la luce. Egli si avvicinò tremante mormorando:” Eccomi qui “. Il fantasma allungò il braccio, posando la mano destra sopra la mano sinistra di lui. Kreil, inebetito dalla paura, mezzo svenuto, fissava lo sguardo inerte nel fantasma, che s’impresse nella sua memoria in guisa indelebile. Infine lo vide dissolversi lentamente, fino a scomparire totalmente. Kreil si ritrovò in piedi nel mezzo della cameretta , con la candela accesa a sé dinanzi, e pensò:” Questa non può essere un’allucinazione, come dicono gli altri “. Tale riflessione lo rese capace di agire; e l’indomani confidò il segreto al curato del villaggio, il quale gli consigliò di recarsi immediatamente a raccontare ogni cosa al Procuratore Generale di Chrudim. Egli obbedì, e il Procuratore Generale ne redasse processo verbale. Ciò fatto rilesse a Kreil la deposizione da lui medesimo fatta, e questi vi appose la propria firma. Dopo di che, con immenso stupore del magistrato, Kreil aprì la propria camicia denudando la spalla sinistra, sulla quale apparve l’impronta nerastra di una mano con le dita divaricate. Le cinque dita, ma specialmente il pollice, apparivano distintissime.

   In seguito alla deposizione del contadino, il marito della defunta denunciò alcune circostanze sospette, equivalenti ad accuse vere e proprie, a carico di Joseph Zavrel e Michel Vesely. Venne ripresa la procedura contro i medesimi, e questa volta con risultanze stupefacenti. Insieme ai due imputati furono implicate nel processo le loro famiglie, comprese le persone di servizio, incolpate in massa di complicità nel delitto per falsa testimonianza deposta nel primo processo. Furono coinvolte nell’accusa anche persone estranee alle due famiglie.

 

   Passiamo ora alla spiegazione che, della diversa temperatura dei fantasmi, danno il Bozzano e uno spirito in seduta e, per finire, alla definizione che del termine “ Calore “ dà il diz. “ DEVOTO – OLI “.

   Scrive il Bozzano:

   Ora, una volta esclusa la leggenda teologica delle anime che ardono nelle fiamme del Purgatorio o dell’Inferno, non rimane altra ipotesi rigorosamente scientifica con la quale dare ragione dei fatti senonchè quella a cui si accennò in precedenza, ed è l’ipotesi “ Vibratoria “, la quale ai dì nostri risulta altresì la più meravigliosa delle rivelazioni scientifiche. Ora pertanto, qualora si tenga conto del fatto concomitante che ciò che noi denominiamo “ caldo “ e “ freddo “, altro non è che un unico fenomeno vibratorio, il quale diversifica enormemente pei nostri sensi in ragione della maggiore o minore intensità con cui si estrinseca, allora dovrà inferirsene che qualora avvenisse che la tonalità vibratoria dei fluidi di cui si rivestono gli spiriti dei defunti onde rendersi visibili o tangibili, risultasse notevolmente più intensa di quella inerente alla sostanza vivente o ai tessuti vegetali, allora dovrebbe accadere inevitabilmente che le vibrazioni troppo intense della sostanza spirituale, incontrandosi con quelle relativamente deboli dei tessuti viventi o vegetali, distruggano questi ultimi alla guisa del fuoco; con ciò determinando i fenomeni delle “ impronte di mani infuocate “.

   E aggiunge un’entità comunicante nella relazione di una seduta pubblicata nella rivista spiritualista nord-americana “ The Progressive Thinker “ di Chicago, nel numero del 7 aprile 1923, a cura del dott. Geo B. Kline:

   “… Allorchè uno spirito tocca uno sperimentatore, e questi prova una sensazione di freddo, ciò significa che le molecole fluidiche le quali concorrono a renderlo sostanziale, vibrano con tonalità molto minore delle molecole che costituiscono il corpo dello sperimentatore. Per converso, e come avviene il più delle volte, allorquando al contatto di una mano spiritica lo sperimentatore prova un’impressione di caldo scottante, ciò significa che le molecole fluidiche che costituiscono quella mano vibrano con intensità straordinaria. Tali vibrazioni sono invisibili ai viventi, ma non sono impercettibili per essi…”.

   E sul “ DEVOTO- OLI “ leggiamo:

   “ Calore: l’energia cinetica dovuta al perpetuo, disordinato, rapidissimo moto delle molecole e degli atomi nell’interno dei corpi…”.

   Praticamente tre modi diversi per dire la stessa cosa.

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