APPARIZIONI

Su Apparizioni Apporto Corrispondenze incrociate Calchi medianici Identificazione spiritica Impronte infuocate Infestazioni Materializzazioni Xenoglossia

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

    ( Dall’Enciclopedia  “ L’UOMO E L’IGNOTO “ – Vol. 1 )

Comprendiamo sotto questa voce il presentarsi spontaneo di forme spettrali a persone che non hanno mai manifestato doti paranormali, in assenza di medium e in località non infestate. Si tratta evidentemente di fantasmi la cui manifestazione avviene probabilmente secondo i processi, ancora ignoti, che provocano la comparsa di queste forme sia nei casi di infestazione sia nelle sedute medianiche. Ma questi casi, di cui si hanno numerosi esempi controllati e innumerevoli affidati alla sola tradizione, hanno una particolare importanza perché per essi è più difficile ricorrere alle spiegazioni fondate sulla telepatia, la drammatizzazione, l’ideoplastia, il guscio eterico con cui si cerca di dare ragione dei fantasmi ottenuti medianicamente e dei fantasmi infestatori.

Un caso classico è quello riferito nei primi anni del secolo scorso in un libretto del reverendo Abraham Cummings, dottore in lettere alla Brown University, e verificatosi in un villaggio del Maine, negli Stati Uniti. Si tratta del fantasma di una defunta, la signora Butler, il quale cominciò ad apparire in varie località del villaggio ( non si trattò dunque di infestazione perché il fantasma non era legato a un luogo definito ) mostrandosi a varie persone.

“ Un giorno del 1806, verso sera “, scrive il Cummings, “ fui informato da due persone che esse avevano veduto poco prima lo spettro nel campo. Uscii, ma non per vedere un miracolo, perché ero sicuro che si erano ingannati. Guardando verso un’altura distante una dozzina di pertiche ( circa 60 metri ) dalla casa, vidi qualche cosa che supposi essere una roccia bianca. Questo confermò la mia opinione circa il loro spettro e non me ne occupai più. Tre minuti dopo, per caso, guardai ancora in quella direzione, e questa volta la “ roccia bianca “ era in aria; formava un globo completo di tonalità rossastra… e del diametro di circa due piedi ( circa 70 cm. ). Decisamente convinto che non si trattava di una cosa normale, mi avvicinai per esaminare più accuratamente il fatto. Tenendo gli occhi fissi su di esso, feci quattro o cinque passi, quando esso venne verso di me, alla distanza di circa 11 pertiche ( circa 55 metri ), rapidamente lampeggiando, e assunse all’istante la forma di una persona vestita da donna, ma non più alta di una bambina di sette anni. Mentre la guardavo dissi mentalmente:” Non sei abbastanza alta per essere la donna che è apparsa tante altre volte “. Immediatamente essa crebbe assumendo l’altezza e le forme di una donna. Adesso appariva splendida. Sul suo capo era un’immagine del sole che diffondeva da ogni parte i suoi raggi. E attraverso questi raggi vedevo la forma e l’abito della donna “. Il Cummings presenta nel suo libro ( Immortality Proved by the Testimony of Sense – 1826 ) circa trenta attestazioni  giurate di persone che avevano veduto e udito il fantasma: poiché l’apparizione parlava e faceva talora lunghi discorsi. A volte l’apparizione avveniva nelle case, altre volte all’aperto, talora si presentava ad una sola persona e altre volte a più testimoni, fino a quaranta. La sua presenza poteva durare pochi minuti o tutta la notte. Tutti i testimoni descrissero l’apparizione nello stesso modo e tutti riconobbero in essa la defunta signora Butler. L’opera del Cummings rimase praticamente ignorata per quasi un secolo e mezzo: ne diede notizia per la prima volta il filosofo americano Curt John Ducasse nel 1962.

Le apparizioni possono essenzialmente essere divise in quattro tipi: oggettive, soggettive, attive e passive. Può interessare oggetti, piante, animali o esseri umani e, in quest’ultimo caso, non solo defunti ma, a volte, anche viventi. Per apparizione soggettiva intendiamo un fenomeno percepito da una sola persona: in questo caso è, ovviamente, piuttosto difficile stabilire se si tratta di un reale fenomeno di apparizione o, più semplicemente, di un’allucinazione visiva. Può, invece, ritenersi un fenomeno oggettivo quando i percipienti sono più persone o, in alternativa, anche una sola persona ma insieme a degli animali, in genere cani o gatti, che fanno intendere di percepire, contemporaneamente ( in alcuni casi anche prima ) all’essere umano e nello stesso spazio, un qualcosa che li atterrisce o li fa infuriare. L’apparizione viene definita, infine, passiva o attiva, a seconda che si presenti come la scena di un film, indifferente al luogo e ai percipienti ( in questo caso si potrebbe parlare di impronte psichiche o psicometria d’ambiente )oppure in forma evidentemente intelligente poiché cerca d’interagire con i percipienti facendo capire chiaramente di essere consapevole  e dell’ambiente in cui si trova e della presenza dei percipienti stessi.

Riporteremo, ora, alcuni esempi delle varie categorie.

1 – OGGETTI

Li rilevo dal volume APPARIZIONI di C. Green e C. McCreery – pag. 192/194

IL CAPPOTTO

Io e mio padre abitavamo in un appartamento al secondo piano a Gezira, vicino Il Cairo; con noi stava una cara amica, la signora B. Una notte, all’inizio dell’estate, poco dopo la mezzanotte fui svegliata dalla signora B. che mi chiese di andare in camera sua, senza spiegarmi perché. Andai con lei sul balcone della sua camera e guardai per strada; i tre lampioni erano spenti, ma la luna era quasi piena e la luce sarebbe stata sufficiente per leggere. Sul marciapiede di fronte vidi un cappotto di colore grigio che si muoveva lungo la strada, pochi metri dopo il nostro edificio si girò e ritornò indietro lungo il marciapiede finchè non superò di nuovo l’edificio, si girò e ripetè il movimento. Percorreva un tratto di circa trenta metri. Nessuno portava o indossava il cappotto che ricadeva con delle pieghe come se fosse stato appeso per il risvolto del colletto, dal modo in cui le pieghe ricadevano si intuiva che era fatto di tessuto molto spesso. L’orlo del cappotto era a circa 50 centimetri dal suolo, ma tra esso e il marciapiede non c’era niente. La signora B. mi chiese se vedevo nulla e la mia descrizione, mi disse, coincideva con quanto lei stessa vedeva. Cercando un po’ di frescura la signora B. aveva spinto il capo del suo letto sul balcone, ma il caldo intenso le impediva di dormire. Mi disse che aveva avvertito un movimento nella strada e poiché questo continuava, si era seduta per vedere di che si trattasse. Rimanemmo a guardare per qualche minuto, mentre il cappotto continuava ad andare avanti e indietro, poi andai a chiamare mio padre che venne borbottando perché non avevo voluto dargli spiegazioni. Dopo un po’ gli chiesi di descrivere quel che vedeva, sempre che vedesse qualcosa, e la sua descrizione coincideva con la mia e con quella della signora B. Il cappotto continuò a passeggiare su e giù per il marciapiede; non aveva proprio nulla d’insolito, non era irreale o trasparente ed era chiaramente visibile. Solo il fatto di essere un cappotto vuoto che si muoveva senza alcun sostegno visibile lo rendeva soprannaturale…

La sera dopo davamo una grande festa e tra gli invitati che ascoltarono dalla signora B. la descrizione di quanto avevamo visto c’era un prete irlandese che viveva al pianterreno nel nostro stesso edificio. Qualche settimana dopo il prete venne a trovarci e ci chiese se potevamo dirgli in che data avevamo visto l’apparizione. Saputa la data esatta ci raccontò che aveva avuto la notizia che un suo vecchio amico, anch’egli prete, era morto in quel giorno e gli aveva lasciato, per ricordo, un cappotto.

IL NEGOZIO

Mentre attraversavo la mia vecchia città d’origine mi è capitato di vedere, molto chiaramente fin nei particolari, un negozio da cui mi servivo molto tempo fa. Poiché tutto il vecchio centro della città è stato ristrutturato, fui felice di vedere quel negozio, e parcheggiai la macchina di fronte. Ma appena mi girai per attraversare la strada non c’era più. Non posso dire esattamente di averlo visto scomparire, semplicemente non era più lì, sebbene l’avessi visto chiaramente.

L’INSTALLAZIONE MINERARIA

Io e la mia famiglia eravamo andati per una breve vacanza a Daylesford ( Australia ) per bere la famosa acqua termale, e lì avevamo preso in affitto un villino sulla strada di Hepburn a circa un chilometro e mezzo dalla città. Mentre eravamo lì, passeggiavo da solo fuori e decisi di esplorare il canalone scosceso sul retro della casa. Mentre camminavo ( dopo circa 150 metri ) sentii dei rumori sordi ( come di macchinari ) e tra gli alberi mi comparve alla vista un mucchio di costruzioni di ferro grigio e di tubi mentre sentivo un rumore di acqua che sgorga. Ben visibile c’era una pozza di acqua stagnante verdastra. Mi fermai e stetti a guardare per un po’ ( non c’era segno di vita ) poi tornai a casa e raccontai a mio padre quel che avevo visto. Qualche tempo dopo mio padre mi fece notare che era andato anche lui a esplorare il canalone ma non aveva visto nulla, solo un arido canalone roccioso. Quattro o cinque anni dopo, un abitante del posto disse a mia madre che ai vecchi tempi delle miniere lì c’era una installazione identica a quella che avevo descritto.

L’ASSEGNO

Sabato mattina ( 28 novembre 1931 ) ricevetti dal mio avvocato una lettera con accluso un assegno di 10 sterline. Essendo lontano da casa, e troppo occupato per avere il tempo sia di rispondere all’avvocato che di mandare l’assegno in banca, lo portai con me mentre conversavo con degli amici, lanciando ogni tanto un’occhiata dentro la busta per assicurarmi che l’assegno fosse al suo posto ( avevo molte carte con me e temevo di perderlo ). Infine lo conservai con particolare cura, e per tutto il giorno fui accompagnato dal piacevole ricordo dei pallidi colori marmorizzati dell’assegno e di quanto vi era scritto sopra. Tornai a casa la sera tardi, e la mattina dopo quando guardai nella busta mi accorsi, con estrema sorpresa, che l’assegno non c’era. Sconcertato, passai la mattina a cercare fra le mie carte, nella fodera dei pantaloni e in ogni possibile fessura. Finalmente per la disperazione decisi che doveva essere caduto fuori della busta e mi misi tristemente a scrivere una lettera all’avvocato confessando la mia disattenzione e pregandolo di bloccare l’assegno. L’avvocato mi rispose che avevano controllato le matrici ma non avevano trovato la registrazione dell’assegno, e che in qualche modo si erano scordati di mandarlo; rimediava alla svista con le sue scuse ( Journal of the S.P.R. – vol. 27 – 1931/32 – pag. 184 ).

2 – ANIMALI

   Li rilevo dal volume  ANIMALI E MANIFESTAZIONI SUPERNORMALI di E. Bozzano.

     “ Circa alle 10 e 30 di sera, mia moglie salì nella propria camera, e mentre stava aggiustando i guanciali, rivolse lo sguardo ai piedi del letto, ivi scorgendo un grosso cane nero, ritto sulle zampe, da lei distinto in ogni minimo particolare. Quasi al medesimo istante il nostro gatto, che aveva seguito la padrona su per le scale, spiccò un gran salto, inarcando la schiena, ingrossando la coda, sbuffando e azzannando l’aria. Quindi saltò sulla toilette, posta in un angolo della camera, rifugiandosi dietro allo specchio della medesima. Poco dopo il fantasma del cane si dileguava, e mia moglie volendo assicurarsi che il gatto non fosse stato a sua volta fantasmogeno, si avvicinò alla toilette, guardando dietro allo specchio; ed ivi scorse il nostro gatto autentico, in uno stato di eccitazione, con la schiena arcuata, la coda dilatata e tuttora sbuffante. Quando fece per toglierlo dal suo rifugio, il gatto sbuffò e la graffiò, trovandosi ancora in preda alla paura provata alla vista del cane “.

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      Mrs. I. Toye Warner-Staples invia al Light ( 1921 – pag. 553 ) la seguente relazione di un episodio a lei personale:

“ Temo che la mia contribuzione all’inchiesta sulla sopravvivenza della psiche animale, non sormonterebbe le prove che la Society F.P.R. richiede in proposito; tuttavia l’episodio che mi accingo a narrare è scrupolosamente autentico, e meritevole di fiducia, qualunque ne sia la spiegazione. La mia infanzia trascorse nella parte occidentale dell’Irlanda, e dall’età di 4 anni fino a 6, io vissi in un’antichissima casa grandiosa, posta sulle rive del Shannon. La mia famiglia essendo inglese, non badava ai racconti delle persone del paese, le quali affermavano che la casa da noi abitata era infestata. Orbene: ivi io ebbi la prima esperienza di ciò che può denominarsi il fantasma di un animale. Nelle ore serali estive, in piena luce del giorno, talvolta per parecchi giorni di seguito, tal altra con intervalli di mesi, io ero terrorizzata dall’apparizione distintissima al naturale di un cagnolino bianco, della razza Pomerania, il quale mi si manifestava al capezzale del letto. Mi guardava con bocca aperta e lingua protesa, quasichè fosse ansimante, e si comportava come se mi vedesse, atteggiandosi in guisa che pareva volesse spiccare un salto per venirmi sul letto. Allora io mi spaventavo terribilmente, poiché avevo l’intuizione che non si trattasse di un cane in carne e ossa ( in caso diverso, l’avrei accolto con vivo piacere, poiché fui sempre amatissima di ogni sorta di animali ). Qualche volta, quando il cane si manifestava di fronte alla finestra, io scorgevo i mobili della camera attraverso il suo bianco corpo, e mi davo a strillare, chiamando la mamma, e gridando:” Portatelo via! Mandatelo via! “. Appena la mamma entrava nelle camera, egli ne seguiva i passi, e quando usciva, le teneva dietro. Allora mi prendevano e mi portavano in basso, e a furia di carezze mi facevano dimenticare la paura provata. Il particolare più curioso sta in questo, che mentre ero sola a scorgere quel fantasma canino, altre quattro persone lo sentivano. Nella piena luce delle mattinate estive, due membri della mia famiglia ( entrambi donne ), e una signora e un signore che avevano abitato la casa in precedenza, avvertivano sovente un alcunché, costituito da un corpo solido delle dimensioni e del peso di un cagnolino, il quale pareva saltasse sui loro letti dalla parte dei piedi, per poi passare lentamente sui loro corpi fino a giungere sulle loro spalle, e scendere a terra dall’altra parte. In simili contingenze, i percipienti si sentivano come paralizzati, e non erano capaci di muoversi; ma subito dopo, saltavano dal letto e perlustravano minuziosamente la camera, senza nulla scoprire…

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IL GATTO FANTASMA

     Lo tolgo dal Journal of the S.P.R. – 1926 – pag. 66/71. Il caso venne investigato da A. W. Trethewy, il noto autore dell’importante opera analitica intitolata: The Controls of Stainton Moses.

Mr. Simpson, relatore e testimonio degli eventi, scrive:” La casa in cui abitiamo, e in cui si fa vedere frequentemente il fantasma di un gatto, è molto antica. Venne edificata nello scorcio del 1400. Quindici anni orsono era ancora un albergo, e in precedenza era stata una fattoria. Il gatto fantasma fu visto parecchie volte da me, da mia moglie e dalla nostra amica miss Allen, allorchè venne ospite in casa nostra per qualche tempo. Tutti siamo concordi nel descrivere un gatto fantasma quasi completamente nero, dal pelo lungo, il quale si manifesta con la coda costantemente eretta. Miss Allen lo vide in casa e nel giardino; io e mia moglie lo scorgemmo sempre in casa, ma in luoghi diversi. Entrambi non lo scorgemmo mai in atto di venirci incontro; si manifesta costantemente a noi da lato e in atto di allontanarsi… Quando lo vidi per la prima volta mi trovavo nella sala da pranzo, e il gatto nero pareva volesse introdursi nell’armadio semiaperto. Mi apparve a circa tre metri, ed io mi affrettai a raggiungerlo per impedirgli di entrare nell’armadio; ma quando mi chinai per afferrarlo, mi avvidi che quel gatto era trasparente. In ogni modo mi sfuggì, dirigendosi verso la porta, ed io lo seguii. Egli passò nel lavatoio, poi nella dispensa, ed ivi lo vidi sparire a me dinanzi… Ripeto che per quanto a guardarlo a distanza sembrasse un gatto come tutti gli altri, quando gli fui vicino mi avvidi che non era il caso di afferrarlo, poiché vedevo attraverso il suo corpo… Tanto io che mia moglie, quando ci comunicammo a vicenda il caso strano, avevamo già visto il gatto parecchie volte. Si aggiunga che mai ne parlammo con Miss Allen, fino a quando essa, a sua volta, dichiarò:” Io vedo un gatto in casa vostra, il quale quando lo avvicino, sparisce “. Miss Allen riferisce:” I miei amici, coniugi Simpson, non mi avevano affatto parlato del gatto fantasma che deambula nella loro casa; dimodochè io ero ben lungi dall’attendermi a qualche cosa di simile. Lo vidi due volte nel medesimo giorno. La prima volta mi trovavo in giardino, e mi cadde sott’occhio un gatto nero con la coda eretta, che passava vicino ad un cespuglio di ribes. Non lo scorgevo troppo bene perché si allontanava da me, ma in pari tempo ebbi l’impressione che vi fosse qualche cosa di anormale in ciò che scorgevo. Poco dopo mi trovavo nella dispensa, allorchè mi apparve lo stesso gatto nero, con la coda eretta, il quale anche questa volta era in atto di allontanarsi da me, mentre in me si rinnovò l’impressione di scorgere un alcunché di anormale. E fu per questo che quando m’incontrai con Mrs. Simpson, le dissi:” Non so capire che cosa mi capiti stamane: scorgo dei gatti neri che spariscono “. Fu allora ch’essa mi ragguagliò per la prima volta che aveva visto il gatto fantasma solito a manifestarsi in quella casa…

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IL CANE COLLIE

    Il signor James Coates invia al Light – ( 1915 – pag. 356 ) questo incidente che gli è personale:

“ Nell’estate del 1887, io mi trovavo a Rothesay con la famiglia; mio cognato Giorgio Anderson, di Glasgow, mi mandò in regalo un bel cane di razza “ collie “. Era un animale molto vivace, e, purtroppo, anche indisciplinato. Io non ero molto qualificato ad educarlo, e “ Rover “ metteva sovente sé stesso e noi tutti in imbarazzo per le sue gesta. In quel tempo noi avevamo l’abitudine di recarci nel dopo pranzo a pescare nella baia di Glemburn. Il cane ci accompagnava, e quando noi salivamo in barca, egli attendeva il nostro ritorno scorazzando liberamente su e giù per la spiaggia. Tutto andò bene per circa un mese; ma un giorno il capo della polizia mi mandò a chiamare privatamente per dirmi che un cane identico al mio aveva spaventato un cavallo attaccato ad una carrozza, che la carrozza aveva ribaltato, gettando a terra la signora che in essa si trovava. In seguito a ciò, il capo della polizia mi consigliava a disfarmi immediatamente del cane, se non volevo incorrere in penalità. Non vi era modo di sottrarsi all’invito, perciò consegnai il cane ad un funzionario, con l’ordine espresso di sopprimerlo. Rimasi profondamente addolorato per la sorte toccata al nostro Rover, e i miei figli se ne dimostrarono desolati, poiché il cane si era loro affezionato in modo speciale; ma si dovette ottemperare alla legge. Continuammo a recarci alla pesca ogni dopo pranzo; e il terzo giorno dalla morte di Rover, quando eravamo di ritorno, a breve distanza dal cancello di casa, tutti e tre simultaneamente esclamammo:” Qui c’è Rover! Ecco Rover! “. Ed infatti egli era là che ci aspettava dalla porta di casa! Evidentemente l’uomo cui avevo dato l’ordine di sopprimere il cane, non l’aveva fatto. Così pensai subito; ed era naturale il pensarlo, dal momento che Rover ci stava dinanzi, vicino al truogolo da lavare, scodinzolando e guardandoci con espressione di giubilo. Aprimmo il cancello, e ci dirigemmo alla sua volta; ma improvvisamente lo vedemmo sparire! Non può esistere dubbio sul fatto che l’abbiamo visto effettivamente, certissimamente tutti e tre. A costo di passare per ingenui, noi persistiamo a dichiarare di aver visto, certissimamente visto simultaneamente il fantasma obbiettivo del nostro cane Rover; il quale appariva a tal segno naturale, da farci presumere che il funzionario al quale lo avevo consegnato, avesse trasgredito i miei ordini…

 

3 – FANTASMI IN FORMA UMANA

IL BAMBINO

Il caso seguente, assai importante, inquantochè furono sette le persone ch’ebbero a sottostare al medesimo fenomeno, simultaneamente ad un cane, venne comunicato alla Society F.P.R. di Londra, da Alessandro Aksakoff. Io ( Bozzano ) lo desumo dal volume X – pag. 127 dei Proceeding della società indicata.

“ Pietroburgo, 4 maggio 1891. Questo il fenomeno di cui fu testimone tutta la nostra famiglia. Occorse a Pietroburgo, nell’anno 1980, allorchè si abitava in via Pochkarska. Era una sera del mese di maggio, verso le ore sei, e mia madre si trovava nella sala in compagnia dei suoi cinque figli, il maggiore dei quali ero io ( avevo allora 16 anni ). In quel momento era venuto a renderci visita un antico servitore di casa nostra, da noi trattato come amico, e mia madre stava conversando con lui. D’un tratto il cicaleccio festoso dei bambini s’interruppe, e l’attenzione generale si rivolse al nostro cane Moustache il quale erasi precipitato abbaiando verso la stufa. Automaticamente guardammo tutti in quella direzione, scorgendo sul cornicione in terra cotta della stufa, un piccolo bimbo in camicia, dell’apparente età di 5 anni. Riconoscemmo in lui il piccolo Andrè figlio della nostra lattivendola, il quale era solito recarsi da noi con la madre per giocare coi bimbi. Essi abitavano poco discosto. L’apparizione si staccò dal cornicione, sorvolò le nostre teste, e disparve presso la finestra aperta. Nel frattempo ( una quindicina di secondi circa ), il cane aveva continuato ad abbaiare furiosamente seguendo l’apparizione nel suo movimento aereo. Il giorno stesso, sul tardi, venne la lattivendola per comunicarci la triste notizia della morte del piccolo Andrè, morte occorsa dopo pochi giorni di malattia ( noi sapevamo ch’egli era ammalato ). Molto presumibilmente ciò avvenne al momento in cui egli apparve a noi tutti.

( Firmati: Daniel Amosof – Marie Telechof – Kouzema Petrof )

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LA GIOVANE PALLADIA

   Da un altro caso notevolissimo raccolto da Alessandro Aksakoff ( Proceeding of the S.P.R. – vol. X – pag. 387/391 ), tolgo il brano seguente, avvertendo, per l’intelligenza del soggetto, che il caso in questione si riferisce alla storia delle reiterate apparizioni di una giovinetta di nome Palladia, morta a 15 anni. Il relatore, giudice Mamtcitch, ne fu anche il percipiente principale.

“ Nell’anno 1885 io convivevo con la famiglia in una terra del governo di Poltawa. Una signora di nostra conoscenza era venuta a passare con noi in compagnia di due figlie. Qualche tempo dopo, essendomi occorso un mattino di svegliarmi sull’albeggiare, mi apparve Palladia ( io dormivo in un’ala separata della casa, dove mi trovavo solo ). Si teneva a 5 passi da me, e mi guardava con espressione di raggiante letizia. Indi, avvicinandosi, aveva profferito queste sole parole:” Vi sono stata; ho veduto “. Dopo di chè, sempre affissandosi in me lieta e sorridente, disparve. Non mi riuscì di comprendere il significato di quelle parole. Nella mia camera dormiva un cane “ setter “, che non appena apparve Palladia, balzò sul mio letto, il pelo irto sulla schiena, trepidante, gemente, e rincantucciandosi contro il mio corpo, guardava atterrito nella direzione in cui io vedevo Palladia. Pareva ammutolito, per quanto ordinariamente esso abbaiasse e ringhiasse contro chiunque. E così avveniva sempre; ogni qualvolta appariva Palladia, il cane correva a rincantucciarsi fra le mie gambe, quasichè venisse a domandare protezione. Non feci cenno ad alcuno di quanto mi era successo. La sera di quel medesimo giorno, la figlia maggiore della signora nostra ospite riferì come in quel mattino le fosse capitato qualcosa di molto strano:” Essendomi svegliata di buon mattino – ella disse – mi colse l’impressione che qualcuno si trovasse al mio capezzale; quindi intesi distintamente una voce che così mi parlò:” Non temere di me; io sono buona ed amorosa “. Mi voltai, ma non vidi nessuno. Mia madre e mia sorella dormivano. Tutto ciò mi sorprese grandemente, poiché giammai nulla di simile mi era accaduto “. Al che io risposi osservando semplicemente che molte cose inesplicabili accadevano nella vita. Non dissi parola in ordine a quanto io stesso avevo veduto. Solamente un anno dopo, allorchè mi ero fidanzato con lei, pensai d’informarla circa l’apparizione da me veduta in quel medesimo mattino, e circa le parole che Palladia mi aveva rivolte. Non era essa, forse, che si era recata al capezzale della mia futura fidanzata?. Debbo aggiungere ch’io vedevo allora per la prima volta la signorina di cui si tratta, ed ero ben lungi dall’immaginare che l’avrei condotta in sposa “.

La signora Mamtcitch così conferma:” 5 maggio 1891. Ricordo perfettamente che nel mattino del 10 luglio 1885, epoca in cui noi eravamo ospiti in casa della famiglia Mamtcitch, mi ero svegliata sull’albeggiare, perché era stato convenuto con mia sorella che si sarebbe andate a fare una passeggiata mattutina. Mi ero sollevata alquanto sul letto, ed avevo visto che mia sorella e la mamma dormivano ancora. Si fu in quell’istante ch’io provai l’impressione che una persona si trovasse al mio capezzale. Mi voltai a metà – poiché avevo un vago timore a guardare – e non vidi nessuno. Mi ricoricai, e allora intesi immediatamente a me di dietro, al di sopra del capo, una voce soavissima femminile che distintamente disse:” Non temere di me; io sono buona ed amorosa “, aggiungendo altre parole ch’io dimenticai quasi subito… E’ degno di nota ch’io non ebbi a provare spavento per le parole misteriose sentite “.

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FANTASMA DI UNA DONNA

     Il Bozzano rileva questo caso dal volume Phantasms of the living – vol.II – pag. 197.

“ 2 marzo 1884. Si era nell’anno 1875; io con mia sorella ( avevamo allora 13 anni ) ritornavamo a casa in carrozza verso le 4 di un pomeriggio estivo, allorchè scorgemmo improvvisamente al di sopra di una siepe una forma di donna sospesa in aria, la quale attraversò sorvolando la strada. La forma era vestita di bianco, si manteneva in posizione obliqua, e stava sospesa a circa 10 piedi dal suolo. Il cavallo si era improvvisamente impennato, e tremava di paura a tal segno che non avevamo più azione alcuna su di esso. Mi rivolsi a mia sorella esclamando:” La vedi tu? “. Ella rispose affermativamente, e ripetè la medesima domanda al servo indigeno che si trovava entro la carrozza. Tale forma sorvolò sopra la siepe, traversò la strada, e continuò ad inoltrarsi al di sopra dei campi, fino a che la perdemmo di vista al di là di una piantagione. Ritengo che fummo in grado di osservarla per la durata di due minuti. Non toccò mai il suolo; galleggiò costantemente in aria, mantenendosi a breve altezza. Giunti a casa, raccontammo l’accaduto a nostra madre. Avevamo l’assoluta certezza che non potesse trattarsi di errore, né d’illusione dei sensi. Non mi capitò mai più nulla di analogo, né mai fui soggetto a visioni, sia prima che dopo. Eravamo tutti e tre in ottima salute, il tempo era bello, e nessuno aveva mai parlato con noi di apparizioni allorchè ci avvenne di assistere al transito aereo di quella in discorso. Venimmo a sapere più tardi che il tronco di strada di cui si tratta aveva fama di essere località infestata, e che parecchie altre persone del paese avevano scorto come noi tale apparizione “.

( Firmati: Sidney Montgomery e Violet Montgomery )

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LA MADRE PREMUROSA

    Light – 1924 – pag. 656

Mrs. Winifred L. Mundelle, rsidente a Washington – U.S.A. – scrive in questi termini al direttore della rivista:

          “ Chiarissimo signor Direttore,

    Ritengo mio dovere trasmettervi la relazione di una mia recente personale esperienza, in cui si contiene il particolare straordinario di un cagnolino che riconobbe un fantasma; ciò che produsse sull’animo mio un’impressione che più non passerà. Si erano abbattute su di me grandi sventure. Una notte, sul tardi, in preda a un’agonia di dolore, volli provarmi a fronteggiare il tremendo quesito da risolvere. Ero sola, con un cagnolino irlandese “ terrier “, mio costante compagno, il quale aveva consapevolezza dello stato di desolazione in cui si dibatteva l’animo mio. Giaceva accoccolato nella sua cuccia a me d’accanto, e i suoi grandi occhi bruni mi seguivano inquieti in ogni movimento, spiando sul mio volto il tumulto di emozioni che mi agitavano l’anima in preda alla disperazione. Avevo bisogno urgente di consiglio. A chi rivolgermi? Angustiata da tal pensiero, mi ricordai di colei alla quale non avevo mai ricorso invano, e che da tre anni era passata a miglior vita. Portai le braccia in alto, con le mani giunte in atto supplichevole, esclamando:” Oh madre, madre! Vieni in mio aiuto! Mostrami la via da seguire! “. Divenni all’istante consapevole di una “ presenza “ a me da lato. Mi rivolsi da quella parte: eravi la madre mia! Il suo volto irradiava una dolcezza e una tenerezza infinite, e protendeva con gesto d’amore le braccia verso la dolorante figliola. Simultaneamente il cagnolino, il quale era stato il compagno indivisibile della defunta, spiccò un salto dalla cuccia, correndole incontro, saltellandole attorno festosamente; ma le sue zampine affondarono nel corpo di lei, incontrando il legno della porta. Fui spettatrice della scena con immenso stupore. Alcuni istanti dopo, la forma della madre mia erasi completamente dileguata; ma il cagnolino, perplesso e irrequieto, teneva schiacciato il musino contro lo spiraglio della porta, e più non si muoveva, in attesa che l’antica padrona venisse ad aprirgli. Fui costretta a prenderlo in braccio cercando di calmarlo con le mie carezze, onde impedire che i suoi guaiti risvegliassero chi dormiva nelle camere adiacenti. E a poco a poco, dopo una crisi di respirazione affannosa, cessò i guaiti, si raggomitolò nel mio grembo, rimanendo tranquillo. Quanto a me, mi ritrovai con l’animo pienamente rasserenato: il consiglio richiesto mi era balenato alla mente: il problema che mi affannava era risolto. La mia disperata invocazione era stata udita, e tosto esaudita. Ancora una volta la figlia si era rivolta alla madre in un frangente della vita, e la madre era subito accorsa in suo aiuto. Coloro che hanno veduto, sanno di certa scienza che la morte non esiste “.

Firmato: Winifreda L. Mundelle

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IL CASO DON BOSCO E COMOLLO

   Lo rilevo dal volume “ L’Uomo alla Conquista Dell’Anima “ di G. De Boni – Pag. 463/465.

Relatore del presente caso è una persona la cui buona fede non può essere messa in discussione, visto che si tratta di… San Giovanni Bosco.

Questi così scrive:

“ Sembra opportuno osservare che la ragione per cui la morte del Comollo fece sì grande impressione, furono due apparizioni del medesimo seguite dopo la sua morte. Io mi limito ad esporne una di cui fu testimone un intero dormitorio; avvenimento che ha destato rumore dentro e fuori del seminario. Questa visita straordinaria venne fatta ad un compagno, con il quale Comollo era stato in amicizia mentre viveva. Ecco in qual modo lo stesso compagno narra il fatto ( il “ compagno “ che l’Autore, per umiltà, cita in terza persona, senza nominarlo, era lo stesso Don Bosco ). Nelle nostre amichevoli relazioni, seguendo ciò che avevamo letto in alcuni libri, avevamo pattuito fra noi di pregare l’un l’altro, e che colui il quale primo fosse chiamato all’eternità, avrebbe portato al superstite notizie dell’altro mondo. Più volte abbiamo la medesima promessa confermata, mettendo sempre la condizione, se Dio avesse ciò permesso e fosse stato di Suo gradimento. Simil cosa si fece allora come una puerilità, senza conoscerne l’importanza; tuttavia fra noi si ritenne sempre sul serio quale sacra promessa e da mantenersi. Nel corso della malattia del Comollo si rinnovò più volte la medesima promessa, e quando venne a morire se ne attendeva l’adempimento, non solo da me, ma anche da alcuni compagni che ne erano informati. Era la notte del 4 aprile, notte che seguiva il giorno della sua sepoltura, ed io riposavo con gli alunni del corso teologico in quel dormitorio che dà nel cortile a mezzodì. Ero a letto, ma non dormivo e stavo pensando alla promessa fatta, e quasi presago di ciò che doveva accadere, ero in preda ad una paurosa commozione. Quando sullo scoccare della mezzanotte, si udì un cupo rumore in fondo al corridoio rumore che si rendeva più sensibile, più cupo e più acuto mentre si avvicinava. Pareva quello di un carrettone, di un treno, e quasi dello sparo di un cannone. Non saprei esprimermi se non col dire che formava un complesso di fragori così vibranti e in un certo modo così violenti, da recare spavento grandissimo e togliere la parola di bocca a chi l’ascoltava. Ma nell’atto che si avvicinava, lasciava dietro di sé rumoreggianti le pareti, la volta, il pavimento del corridoio, come se fossero costruiti di lastre di ferro scosse da un potentissimo braccio. Il suo avvicinarsi non era sensibile in modo da potersi misurare il diminuirsi delle distanze, ma lasciava un’incertezza quale lascia una vaporiera, della quale talora non si può conoscere il punto ove si trova nella sua corsa, se si è costretti a giudicare dal solo fumo che si stende per l’aria.

I seminaristi di quel corridoio si svegliano tutti, ma nessuno parla. Io ero impietrito dal timore. Il rumore si avanza, ma sempre più spaventoso: è presso il dormitorio; si apre da sola violentemente la porta del medesimo; continua più veemente il fragore senza che alcuna cosa si veda, eccetto una languida luce, ma di vario colore, che pareva regolatrice di quel suono. A un certo momento si fa improvviso silenzio, splende più viva quella luce, e si ode distintamente la voce del Comollo che, chiamato per nome il compagno tre volte consecutive, dice:” Io sono salvo! “ In quel momento il corridoio divenne ancor più luminoso; il cessato rumore di nuovo si fece udire di gran lunga più violento, quasi tuono che sprofondasse la casa, ma tosto cessò, ed ogni luce disparve. I compagni, balzati dal letto, fuggirono senza saper dove. Si raccolsero alcuni in qualche angolo del dormitorio, si strinsero altri intorno al prefetto di camerata, che era Don Giuseppe Fiorito da Rivoli; tutti passarono la notte aspettando ansiosamente il sollievo della luce del giorno. Io ho sofferto assai, e tale fu il mio spavento che in quell’istante avrei preferito di morire. Di qui cominciò una malattia che mi portò all’orlo della tomba, e mi lasciò così malandato in salute, che non ho potuto più riacquistarla se non molti anni dopo.

4 – FANTASMI DEI VIVENTI

      Il rev. Arthur Hamilton Boyd, comunica alla Society F.P.R. – Journal – vol. VIII – pag. 321, il seguente episodio personale:

   “ In una sera del febbraio 1891, verso le 11 di sera, io mi trovavo nella sede del New-Club di Edimburgo, dove mi accadde di addormentarmi profondamente per quasi un’ora, e di fare il seguente vivissimo sogno: Mi trovavo per la strada, e camminavo a grandi passi, poiché mi pareva di essere in ritardo per il pranzo. Giunto alla porta di casa, aprii con la chiave di cui sono sempre provvisto, e salii di corsa le scale per recarmi nella mia camera a prepararmi per il pranzo. Nel salire le scale volsi indietro lo sguardo, e vidi mio padre che dalla soglia del salottino mi stava guardando. A questo punto del sogno mi svegliai, e riscontrando che l’ora era tarda e la mezzanotte scoccata da qualche minuto, mi avviai di passo svelto verso casa; dove giunto, rimasi stupito di trovarla ancora illuminata, con mio padre e mio fratello che giravano attorno chiamandomi ad alta voce. Quando mio padre mi vide entrare, se ne dimostrò grandemente meravigliato, e mi chiese di dove venivo. Risposi che giungevo in quel momento dal Club; e allora egli domandò se non ero entrato già una volta verso la mezzanotte. Avendo risposto negativamente, egli mi raccontò quanto segue:

      “ Come al solito, egli si era indugiato nel salottino fin verso la mezzanotte; quindi si era alzato per avviarsi a letto, e mentre poneva piede sulla soglia che mette nella sala d’ingresso, udì sbattere la porta di casa, mi vide distintamente attraversare la sala e salire rapidamente le scale. Seguendomi con lo sguardo, vide ch’io mi voltavo a guardarlo e poi sparivo. Entrando nella propria camera, egli riferì amia madre di avere chiuso a chiavistello la porta di casa, perché io ero rincasato. Mia madre gli osservò che trovava strano ch’io fossi entrato e passato dinanzi alla porta della sua camera senza augurarle la buona notte; e siccome ella insisteva su quel punto, e non pareva convinta ch’io fossi in casa, mio padre si decise a recarsi nella mia camera, dove con sua meraviglia non mi trovò. Unitosi allora con mio fratello, si diedero a perlustrare ogni camera, e fu in quel momento ch’io sopraggiunsi realmente… Non dimenticherò mai la nostra reciproca sorpresa di fronte ad un avvenimento tanto strano “.

    ( Firmato: Rev. Arthur Hamilton Boyd )

-      La madre scrive confermando in tutto l’episodio –

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Questo caso, il Bozzano lo desume dalla Revue des ètudes psychiques – 1902 – pag. 151.

Il signor G.P.H., membro della Society F.P.R. e personalmente conosciuto dal Direttore della citata rivista, signor Cesare Vesme, aveva inviato relazione di un caso psichico importante al giornale The Spectator, relazione che provocò l’invio di una lettera da parte della persona interessata nel caso stesso. Questa la lettera:

            Al Direttore del giornale The Spectator,

   La relazione inviata dal signor G.P.H., e comparsa nel numero del primo giugno, sotto il titolo: “ La Casa del Sogno “, si riferisce palesemente ad un sogno fatto da mia moglie, ora defunta. Il racconto risulta in massima esatto, per quanto io non pervenga a identificare il vostro corrispondente. Ma siccome il medesimo fatto venne pure riportato inesattamente dalla rivista The Diaries, da voi pure citata nell’articolo del 25 maggio, non sarà inutile che io interloquisca in argomento.

   Alcuni anni orsono, mia moglie sognò ripetute volte di abitare in una casa di cui essa descrisse nei minimi particolari l’arredamento interno, senza nulla poter dire circa la località in cui sorgeva l’edificio sognato. Più tardi, nell’anno 1883, io presi in affitto per l’autunno una casa di campagna situata sulle montagne della Scozia, circondata di riserve per la caccia, e da stagni per la pesca. Mio figlio che si trovava in Scozia contrattò l’affitto con la proprietaria, Lady B., senza intervento alcuno da parte mia o di mia moglie. Allorchè mi recai sul posto, senza la mia consorte, allo scopo di firmare il contratto e prendere possesso della casa, Lady B., che vi soggiornava ancora, mi avvertì che se nulla avessi a ridire, mi avrebbe assegnata la camera da essa prima occupata, la quale per qualche tempo era stata infestata dal fantasma di una “ piccola dama “ che continuamente vi appariva. Siccome io ero abbastanza scettico al riguardo, risposi che sarei stato felice di fare la conoscenza della sua visitatrice fantasma. Mi coricai pertanto in quella camera, senza per questo ricevere nessuna visita fantasmogena. Qualche tempo dopo giunse mia moglie, che fu colta da grande stupore nel riconoscere in quegli ambienti la “ casa dei suoi sogni  “. La visitò da cima a fondo, riscontrando come tutto corrispondesse nei minimi particolari a quanto aveva scorto in sogno. Senonchè, rientrando nel salone osservò:” Eppure, se fosse questa la casa dei miei sogni, da quella parte dovrebbe esistere un’altra serie di camere, le quali mancano “. Le fu risposto che le camere esistevano, ma che non vi si accedeva dalla parte del salone. Si recò tosto a visitarle, e l’una dopo l’altra le riconobbe senza esitazione.  Nondimeno osservò sembrarle che una delle camere da letto ivi esistenti non fosse destinata a tale uso allorchè le visitava in sogno; e risultò che solo da poco tempo la camera in parola era stata così trasformata.

Due o tre giorni dopo, mi recai con mia moglie a rendere visita a Lady B. Siccome le due signore non si conoscevano feci le presentazioni. Alla vista di mia moglie, Lady B. esclamò:” Com’è strano! Voi siete la dama che infestava la mia camera da letto! “.

Questi i fatti; non dispongo di teorie con cui spiegarli, ma posso rendermi garante, unitamente ai membri della mia famiglia, che mia moglie fu in grado di descrivere esattamente e minuziosamente l’interno di una casa arredata con criteri tutt’affatto speciali, e ciò molto prima che lei o altri ne sospettassero l’esistenza.

( Il signor G.P.H. diede al direttore della Rivista, nome e cognome di Lady B., la quale appartiene alla più illustre aristocrazia britannica ).

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    IL SALVATAGGIO

     Questo lungo episodio, che completa la presente sezione e che potremmo intitolare “ IL SALVATAGGIO “ viene riportato da Robert Dale Owen nel suo libro “ Passi Sui Confini Di Un Altro Mondo “, pag. 296. La particolarità di questo caso sta nel fatto che, oltre all’apparizione del soggetto si sia verificata anche una sorta di materializzazione, visto che il “ fantasma “ è riuscito a scrivere su una lavagna. Questo il fatto:

   Il signor Robert Bruce, nel 1828, aveva circa trent’anni ed era ufficiale in seconda su una nave mercantile che navigava tra Liverpool e St. John nel New Brunswich. In uno dei suoi viaggi verso ovest, dopo cinque o sei settimane di navigazione, in vicinanza del lato orientale dei Banchi di Newfoundland, il capitano e il secondo erano sul ponte, a mezzogiorno, facendo osservazioni solari; dopo di che scesero per calcolare la rotta di quel giorno. La cabina, piuttosto piccola, era immediatamente a poppa, e la breve scala che vi scendeva, correva da un fianco all’altro della nave. Immediatamente di fronte a questa scala, subito dopo un piccolo pianerottolo quadrato, c’era la cabina del secondo, e sul pianerottolo v’erano due porte vicine, l’una che si apriva verso poppa nella cabina del capitano, l’altra, di fronte alle scale, che dava nella cabina del secondo. In questa cabina, lo scrittoio era nella parte anteriore, presso la porta, così che chi vi stesse seduto, guardando di fianco, poteva vedere nella cabina del capitano. Quando ebbe portato a termine il calcolo, gridò senza guardarsi attorno:” La latitudine e la longitudine mi risultano così e così. E’ giusto? A voi come risultano? “. Non ricevendo risposta, ripetè la domanda guardando di fianco e vedendo, a quanto gli parve, il capitano occupato a scrivere sulla sua lavagna. Di nuovo nessuna risposta. Allora si alzò, e, quando fu di fronte alla cabina del capitano, la figura che aveva preso per il capitano stesso alzò la testa e mostrò allo stupito secondo i lineamenti di un perfetto sconosciuto. Bruce non era un codardo; ma, il vedere quello sguardo fisso, diretto verso di lui in solenne silenzio, e la certezza che si trattava di qualcuno che non aveva mai visto, erano troppo per lui. E, invece di fermarsi a interrogare l’intruso, salì sul ponte in uno stato di così evidente allarme che il capitano se ne accorse subito. “ Bene, signor Bruce – disse – che diavolo succede? “ “ Che succede, signore? Chi è quel tale alla vostra scrivania? “ “ Nessuno, che io sappia “. “ Ma c’è signore; c’è un estraneo! “ “ Un estraneo? Andiamo, avrete sognato. Avrete visto il dispensiere o il vostro secondo. Chi sarebbe andato là senza ordini? “ “ Ma, signore, era seduto sulla vostra poltrona, davanti alla porta, e scriveva sulla vostra lavagna. Poi mi ha guardato in faccia; e non ho mai visto un uomo chiaramente e distintamente come ho visto lui “. “ Lui chi? “ “ Lo sa Dio, signore; io no. Ho visto un uomo, e un uomo che non avevo mai visto in vita mia “.” State diventando matto, signor Bruce. Un estraneo dopo sei settimane di navigazione! “ “ Lo so, signore, ma l’ho visto “ “ Andate giù a vedere chi è “. Bruce esitò. “ Non ho mai creduto negli spettri – disse – ma se devo dire la verità, preferirei non andarci solo “ “ Su, su. Scendete subito e non fatevi deridere dall’equipaggio “ “ Spero che mi abbiate sempre trovato pronto a fare il ragionevole – rispose Bruce cambiando colore – ma, se non avete nulla in contrario, signore, preferirei che ci andassimo insieme “. Il capitano scese la scala e il secondo lo seguì. Nella cabina non c’era nessuno. Esaminarono le altre cabine. Non c’era anima viva. “ Bene, Bruce, - disse il capitano – non ve lo avevo detto che avete sognato? “ “ E’ facile a dirsi, signore; ma se non ho visto quell’uomo scrivere sulla vostra lavagna possa non rivedere più la mia casa e la mia famiglia “ “ Ah! Scrivere sulla lavagna! Allora lo scritto ci sarà ancora “. E così dicendo il capitano la prese. “ Pergiove! – esclamò – Ecco qualche cosa di sicuro. Lo avete scritto voi, signor Bruce? “. Il secondo prese la lavagna; e lì, in chiari caratteri, si leggevano le parole: Fate rotta a nord-ovest.

“ Avete voluto scherzare con me, signore? “ chiese il capitano con aria severa. “ Sulla mia parola di uomo e di marinaio, - rispose Bruce – ne so quanto voi. Vi ho detto l’esatta verità “. Il capitano si sedette alla scrivania con la lavagna davanti, pensieroso. Poi, rovesciata la lavagna e porgendola a Bruce, disse:” Scrivete le stesse parole “. Il secondo obbedì; e il capitano, dopo avere confrontato attentamente le due scritture, aggiunse:” Signor Bruce, andate a dire al vostro secondo di venire qui “. Quello venne e il capitano chiese anche a lui di scrivere la stessa frase. E così pure fecero il dispensiere e, l’uno dopo l’altro, tutti gli uomini dell’equipaggio che sapevano scrivere. Ma nessuna delle varie calligrafie assomigliava a quella dello scritto. Quando l’equipaggio si fu ritirato, il capitano si mise a pensare. “ Può esservi qualche clandestino? – chiese infine – Bisogna cercare per tutta la nave, e se non scovo quel tipo, deve essere molto bravo a giocare a nascondino. Chiamate tutti gli uomini “.

   Fu rovistato in ogni angolo del vascello, da prua a poppa, con lo zelo di una curiosità eccitata, poiché si era sparsa la voce che un estraneo era apparso a bordo; ma non fu trovata anima viva eccetto l’equipaggio e gli ufficiali. Tornando alla cabina dopo la vana ricerca, il capitano disse:” Signor Bruce, che diavolo pensare di tutto questo? “ “ Non saprei che dire, signore. Io ho visto scrivere quell’uomo; voi avete visto lo scritto. Ci deve pur essere sotto qualcosa “. “ Bene, vedremo. Andate sul ponte e fate volgere la rotta a nord-ovest. E, signor Bruce, - aggiunse mentre il secondo si era alzato per andare – fate mettere una vedetta in coffa e che sia un uomo di cui vi possiate fidare “. Gli ordini vennero eseguiti. Verso le tre, la vedetta avvistò un iceberg dritto a prua, e, poco dopo, quello che gli sembrava un vascello presso di esso. Nell’avvicinarsi, il capitano, con il suo cannocchiale, scoprì che si trattava di una nave smantellata, apparentemente prigioniera dei ghiacci e con molti uomini a bordo. Poco dopo si misero in panne lì presso e mandarono delle scialuppe a rilevare i naufraghi. Risultò che era un vascello di Quebec diretto a Liverpool con passeggeri a bordo. Si era impigliato nei ghiacci rimanendovi bloccato, e aveva trascorso parecchie settimane in una situazione molto critica. Era sfondato, col ponte spezzato, un semplice rottame; tutte le provvigioni e quasi tutta l’acqua erano finite. L’equipaggio e i passeggeri avevano perso ogni speranza di essere salvati, e la loro gratitudine per l’inatteso salvataggio fu grande in proporzione. Mentre uno degli uomini che erano stati portati via con la terza scialuppa che aveva raggiunto il rottame, stava salendo sul fianco della nave, il secondo, datagli un’occhiata, trasalì sbigottito. Era lo stesso volto che aveva visto tre o quattro ore prima fissarlo dalla scrivania del capitano. Dapprima cercò di convincersi che doveva essere una fantasia; ma più esaminava quell’uomo e più si sentiva sicuro di avere ragione. Non solo il volto, ma la persona e il vestito corrispondevano esattamente. Appena l’equipaggio esausto e i passeggeri affamati furono ristorati, e la nave ebbe ripreso la sua rotta, il secondo chiamò a parte il capitano. “ Sembra che quello che ho visto non fosse uno spettro, signore: è un uomo vivo “. “ Che intendete dire? Chi è vivo? “ “ Ecco, signore, uno dei passeggeri che abbiamo appena salvato è lo stesso uomo che ho visto scrivere a mezzogiorno sulla vostra lavagna. Lo giurerei in tribunale “ “ Sulla mia parola, signor Bruce, questa faccenda diventa sempre più singolare. Andiamo a vedere quest’uomo “. Lo trovarono in conversazione con il capitano della nave salvata. Entrambi si fecero avanti ed espressero la loro fervida gratitudine per essere stati liberati da un destino orribile: una lenta morte di freddo e di fame. Il capitano rispose di avere fatto solo quello che, certo, essi avrebbero fatto per lui in simili circostanze, e li pregò di scendere nella sua cabina. Poi, voltosi al passeggero, disse:” Spero, signore, che non penserete che voglia scherzare, ma vi sarei molto obbligato se voleste scrivere poche parole su questa lavagna “. E gli porse la lavagna dal lato su cui non era la misteriosa scritta. “ Farò tutto quello che mi chiedete, - rispose il passeggero – che cosa devo scrivere? “ “ Mi bastano poche parole. Per esempio: Fate rotta a nord-ovest “. Il passeggero, evidentemente incapace di capire il motivo di quella richiesta, obbedì tuttavia sorridendo. Il capitano prese la lavagna e la esaminò attentamente; poi si fece da parte così da nasconderla al passeggero, la rovesciò e gliela restituì mostrandogli l’altro lato. “ Voi assicurate che è la vostra calligrafia? “ chiese. “ Per forza – rispose l’altro – mi avete visto scrivere “ “ E questa? “ chiese il capitano rovesciando ancora la lavagna. L’uomo guardò prima un lato, poi l’altro, molto confuso. Alla fine chiese:” Che significa questo? Io ho scritto da una parte sola. Chi ha scritto sull’altra? “ “ E’ quello che vorrei sapere. Il mio secondo dice che l’avete scritto voi, seduto alla mia scrivania, oggi a mezzogiorno “. Il capitano della nave naufragata e il passeggero si guardarono scambiandosi occhiate di intelligenza e di sorpresa; e il primo chiese all’altro:” Avevate sognato di scrivere su questa lavagna? “ “ No, che mi ricordi “ “ Avete parlato di sogno – intervenne il capitano della nave – che cosa faceva questo signore quest’oggi verso mezzogiorno?” “ Capitano – rispose l’altro – tutta la faccenda è quanto mai misteriosa e straordinaria, e io intendevo parlarvene appena avessimo avuto un momento di calma. Questo signore ( e indicò il passeggero ) essendo molto stanco, cadde in un sonno profondo, o in qualche cosa che sembrava tale, un poco prima di mezzogiorno. Dopo un’ora o poco più si svegliò e mi disse: Capitano, saremo salvati quest’oggi stesso. Quando gli chiesi su che cosa si fondasse per dirlo, rispose di avere sognato di trovarsi a bordo di una nave che veniva in nostro aiuto. Descrisse il suo aspetto e la sua attrezzatura, e, con nostro grande stupore, quando la vostra nave fu in vista corrispose esattamente alla descrizione. Non avevamo riposto molta fede nelle sue parole, tuttavia speravamo che ci potesse essere qualche cosa di vero perché, lo sapete, quelli che stanno per annegare si aggrappano a ogni pagliuzza. Vedendo come sono andate le cose non posso dubitare che tutto era stato predisposto, in qualche modo incomprensibile, da una Provvidenza superiore perché fossimo salvati “. Non c’è dubbio – aggiunse l’altro capitano – che questo scritto sulla lavagna, comunque sia stato ottenuto, vi ha salvato. In quel momento io facevo rotta sensibilmente a sud-ovest e l’ho modificata a nord-ovest mandando una vedetta in coffa per vedere cosa sarebbe successo. Ma voi dite – e si rivolse al passeggero – di non aver sognato di scrivere sulla lavagna? “ “ No, non ho alcun ricordo di averlo fatto. Ho avuto l’impressione che la nave da me veduta in sogno venisse in nostro aiuto, ma come abbia avuto questa impressione non saprei dirlo. E c’è un’altra cosa molto strana – aggiunse – Tutto qui a bordo mi sembra famigliare, e tuttavia sono sicuro di non avere mai vista la vostra nave prima d’ora. Per me è tutto un enigma. Che ha visto il vostro secondo? “. Allora il signor Bruce gli raccontò tutti i particolari che abbiamo detto. La conclusione a cui infine arrivarono fu che vi era stato uno speciale intervento della Provvidenza per salvarli da quella che sembrava una condizione disperata.

Questo episodio mi fu comunicato dal capitano J. S. Clarke, della goletta Julia Hallock, che l’aveva saputa dallo stesso signor Bruce. Avevano navigato insieme per 17 mesi, negli anni 1836 e 1837; così che il capitano Clarke ebbe la storia dal secondo circa otto anni dopo che avvenne. Chiesi al capitano Clarke se aveva conosciuto bene il signor Bruce e che uomo era. “ L’uomo più franco e leale che abbia mai conosciuto in vita mia – mi rispose – egli parlò sempre della vicenda con rispetto, come di qualche cosa che sembrava portarlo più vicino a Dio e all’aldilà. Scommetterei la mia vita che non ha mentito.