IDENTIFICAZIONI SPIRITICHE

Su Apparizioni Apporto Corrispondenze incrociate Calchi medianici Identificazione spiritica Impronte infuocate Infestazioni Materializzazioni Xenoglossia

 

 

  

   Riprendiamo la spiegazione del termine dal volume “ L’Altro Regno “ di Ugo Dèttore:

   Identificazione di una personalità comunicante con una persona defunta. L’ identità è negata da quasi tutti i parapsicologi, i quali vedono nelle personalità comunicanti altrettante dissociazioni della personalità del medium, combinate con fenomeni di telepatia, chiaroveggenza, personificazione, ideoplastia ecc. ( in poche parole, pur di non ammettere la “ scandalosa “ ipotesi che la “ personalità “che si manifesta in seduta sia effettivamente chi dice di essere, si preferisce conferire al medium dei poteri quasi, e in alcuni casi senza quasi, divini ). E’ sostenuta, invece, nella maggioranza dei casi dallo spiritismo scientifico; ed è ammessa in alcuni casi come ipotesi da alcuni metapsichisti. Allo stato attuale degli studi, è molto difficile, per non dire impossibile, sia da parte degli eventuali “ spiriti “, sia da parte degli sperimentatori, dare e ottenere prove sicure di identità. Prove attendibili, anche se non definitive, sono considerate le corrispondenze incrociate, le impronte digitali e la xenoglossia: sono infatti questi i fenomeni che i parapsicologi spiegano con maggiore difficoltà tendendo soprattutto a minimizzarli o a negarli.

   Secondo Ducasse, la prova più convincente emerge non tanto da questo o quel fenomeno quanto dall’insieme dei fenomeni stessi considerati attentamente nei loro particolari: affermazione questa psicologicamente valida, tanto che uno scienziato come Tenhaeff l’ha giudicata degna di considerazione. In realtà la relazione stenografica o registrata di molti fenomeni presenta una quantità di particolari che non mancano di efficacia suasiva. I casi in cui la personalità comunicante dà prove convincenti d’identità sono numerosissimi: famosi quelli, che riporteremo più avanti, del Dirigibile R.101, del defunto Stromberg e del giudice Reggio. Ma lo studio della casistica, sul quale si erano fondati molti studiosi dei primi decenni del novecento sulle orme del Bozzano, è stato poi lungamente trascurato, e solo negli ultimi tempi sembra essere ritornato in auge nell’ambito stesso della scuola quantitativa per iniziativa di Louise Rhine, moglie del fondatore della scuola e d’accordo con lui.

   Riporteremo, ora, alcuni casi passati alla storia della Ricerca Psichica come tra i più probanti a favore dell’effettiva identificazione delle personalità comunicanti.

 

1 – IL DIRIGIBILE  R.101 – Dall’Enciclopedia l’Uomo e l’Ignoto – Vol. II

    La tragedia del dirigibile R.101, dell’aeronautica civile inglese, precipitato in Francia presso Beauvais nel primo mattino del 5 ottobre 1930, è celebre nella casistica paranormale per i fenomeni che la precedettero e la seguirono. Il grande dirigibile era ancora allo stato di progetto quando, nel 1924, a Sir Sefton Brancker, direttore dell’aeronautica civile, fu predetto che per sei anni tutto gli sarebbe andato bene, ma che in seguito il suo futuro era oscuro. Due anni dopo, nel 1926, la famosa medium Eileen Garrett ebbe la visione di un dirigibile che ondeggiava nell’aria trasportato dal vento; la visione si ripetè nel ’28 e nel ’29, molto più netta: ella vide allora l’apparecchio precipitare tra nugoli di fumo. Nel ’29 il dirigibile era quasi completamente costruito, e la Garrett, per mezzo di un amico, fece avvertire Sir Sefton, il quale non diede alcun peso alla notizia. Nel luglio del 1930 lo stesso Sir Sefton ebbe un altro avvertimento dalla veggente Woody ( Vera Woodruft 9, la quale, durante un ricevimento dato in casa di lui, irritata da una frase scherzosa del suo ospite che metteva in dubbio le sue capacità, in una specie di momentanea trance lo avvertì che entro tre mesi sarebbe precipitato tra le fiamme.

   Via via che si avvicinava il giorno del volo inaugurale, che avrebbe dovuto portare il dirigibile in India, i presagi si moltiplicano. Una notte, poco prima della partenza, un ragazzo di 15 anni, R.G. Napier, sogna di vedere la carcassa del dirigibile, quasi distrutta dalle fiamme, rovesciata su di una collina, con la bandiera ancora sventolante sulla coda; ne parla con i suoi compagni, ma i ragazzi non osano avvertire le autorità. Il Napier riconoscerà poi la visione avuta in una fotografia pubblicata dopo il disastro dal Sunday Graphic. Il giorno della partenza, la moglie del meccanico di bordo, Walter Radcliffe, è agitatissima perché ha la certezza che non rivedrà più il marito. Il primo pilota, G.W. Hunt, allegro e tranquillo fino allora, al momento di salire a bordo diviene improvvisamente serio e torna indietro per dire al figlio quattordicenne:” Ragazzo mio, qualunque cosa farai, abbi cura della mamma “. Un ingegnere che faceva parte dell’equipaggio, all’ultimo momento, senza alcuna ragione, rifiutò d’imbarcarsi; ma non sarebbe sfuggito alla sua sorte: poche ore dopo periva in un incidente motociclistico nei pressi di Cardington, dove il dirigibile era stato costruito.

La sera del 4 ottobre il dirigibile iniziava il suo viaggio con 48 uomini a bordo; subito dopo aver attraversato la Manica entrò in una tempesta e, per la sua enorme mole, si trovò in difficoltà; avvenne poi un guasto meccanico; poco dopo l’apparecchio precipitava, illuminando, con una gigantesca fiammata di cento metri, la cittadina di Beauvais: erano le due e cinque del mattino. Nello stesso momento, nei cantieri di Cardington, l’ufficiale di guardia udì squillare il segnalatore mentre dalla tabella dei dati cadeva un numero: quello corrispondente al numero della stanza occupata fin allora dal tenente H. Carmichael Irwin, comandante del dirigibile. Ma il fenomeno più sensazionale doveva ancora avvenire. Tre giorni dopo il disastro, Eileen Garrett teneva una seduta col metapsichista Harry Price nel suo laboratorio di Londra, allo scopo di mettersi in contatto con un’entità che affermava di essere lo spirito di Sir Arthur Conan Doyle. Ma il controllo della medium, Uvani, annunciò invece la presenza di un visitatore sconosciuto di cui sillabò il nome: dapprima “ Irving “ poi “ Irvin “. Il presunto comandante defunto dell’R 101 diede, attraverso la medium, particolari esatti, e in linguaggio tecnico, sulle cause della tragedia; disse fra l’altro:” La massa del dirigibile era eccessiva per la sua capacità meccanica… Le macchine erano troppo pesanti… L’elevazione utile era troppo piccola… L’elevazione massima era stata imperfettamente computata… L’elevatore era schiacciato… Altezza di volo troppo bassa… Carico troppo forte per lungo volo… Errata velocità di volo e nave malamente oscillante… Iniziate scosse a tribordo… Altezza di crociera mai raggiunta… Viti aeree troppo piccole… Impossibilità d’innalzamento… Incapacità di stivare…”. E aggiunse:” Mi era stato reso noto, in molte occasioni, che la capacità di scandaglio era assolutamente inadeguata al volume della struttura “. Alluse anche a esperimenti segreti che erano stati fatti per usare come carburante l’idrocarbonio, un miscuglio di idrogeno e olio combustibile:” Lo schema fondato sul carbonio e sull’idrogeno è completamente sbagliato “. Diede particolari sugli ultimi momenti del volo:” Rasentammo quasi i tetti di Achy “. Il Price fece un rapporto di queste comunicazioni e lo presentò al Ministero dell’Aria: la commissione d’inchiesta confermò quasi in ogni particolare la comunicazione del presunto Irwin.

Il fenomeno non è mai stato messo in dubbio, né sarebbe stato possibile farlo perché fu reso noto quando la commissione d’inchiesta aveva appena cominciato i suoi lavori e non sapeva ancora nulla dei particolari dell’incidente; e, d’altra parte, la Garrett, medium universalmente stimata, non aveva la minima conoscenza tecnica in nessun campo e tanto meno in quello dei dirigibili e dei motori. Non è possibile invocare fatti telepatici in quanto tutti coloro che avrebbero potuto trasmettere qualche notizia sul disastro erano morti. Il Bergier, per escludere l’ipotesi spiritica, suppone che la Garrett abbia veduto per precognizione i risultati dell’inchiesta e si sia messa in comunicazione con le menti dei tecnici della commissione, o di altri tecnici che avevano partecipato alla costruzione del dirigibile, e infine, con quelle di coloro che erano stati testimoni della tragedia ( Eileen Garrett, Dio subito ), come gli abitanti di Achy, svegliati e atterriti nel cuore della notte dal passaggio dell’aeronave a volo radente. Un fenomeno, dunque, telepatico – precognitivo che il Bergier stesso riconosce essere alquanto macchinoso e poco probabile, ma che, aggiunge, “ non è così male “ come l’ipotesi spiritica. Forse non è sempre rigorosamente scientifico accettare il poco probabile solo per respingere il poco gradito.

 

2 – IL CASO DI LORD NORTHCLIFFE – L’ Uomo e l’Ignoto – vol. III

   E’ uno dei più singolari e suasivi casi di identità nella storia dello spiritismo. Lord Alfred Charles William Harmsworth Northcliffe ( 1865 – 1922 ) fu tra i maggiori giornalisti inglesi di ogni tempo, fondatore, fra l’altro, del Daily Mail e del Daily Mirror, proprietario dell’Evening New e maggiore proprietario del Times. Nessuna meraviglia che avesse un carattere autoritario e volitivo, e una personalità spiccatissima, riconoscibile per una quantità di caratteristiche più o meno notevoli. Circa due anni dopo la sua morte, la signorina Louise Owen, che per oltre vent’anni era stata la sua segretaria particolare, durante una seduta medianica, a cui si era recata dietro indicazione di Sir Conan Doyle, potè parlare a lungo con una entità che affermava di essere lo spirito del Northcliffe citando fatti ricordati dalla signorina e usando un linguaggio molto simile a quello del defunto. La Owen riferì l’episodio a un giornalista suo amico, Hannen Swaffer, il quale aveva collaborato con Northcliffe per circa un ventennio, e questi pubblicò l’episodio nel giornale da lui diretto, The People. Qualche giorno dopo un certo reverendo Potter scrisse al Swaffer per comunicargli che, nelle sue sedute familiari in cui fungeva da medium un suo figlio diciannovenne, l’entità Northcliffe si era manifestata più volte, e per invitarlo ad assistere a una seduta durante la quale, però, l’entità riuscì solo a mormorare qualche parola. Swaffer parlò della cosa al Bradley venendo così a sapere che, nelle sedute di lui con la signora Leonard, si erano avuti accenni al Northcliffe; e, il 7 ottobre del 1924, tanto il giornalista quanto la Owen poterono partecipare a una seduta in casa Bradley, dove, a voce diretta,e con la sola medianità del Bradley e di sua moglie, l’entità si manifestò in una breve comunicazione parlando con la sua voce e col suo piglio da “ dominatore di uomini “. Seguirono altre sedute a voce diretta, con la Leonard e con altri medium, nel corso delle quali Swaffer perse ogni dubbio: Lord Northcliffe parlava con la voce che aveva da vivo e con le stesse espressioni caratteristiche, “ dimostrò – scrive il giornalista – di conoscere tutto sul mio conto… parlò anche delle vicende che mi attendevano, e ciò che mi è accaduto a tutt’oggi risulta pienamente conforme alle sue predizioni “. Lo stesso avvenne in sedute col medium Vout Peters, in cui l’entità ricordò numerosissimi episodi ignoti tanto al Swaffer quanto alla signorina Owen e che furono poi riconosciuti veri, manifestando sempre più i suoi “ scatti nervosi, la sua fierezza di dominatore, le sue piccole perversità: una combinazione di Napoleone e di Peter Pan sempre in contrasto fra loro “. In complesso, l’entità Northcliffe  si presentò attraverso nove medium, tra cui il famoso Valiantine, che non si conoscevano tra loro e che non lo avevano conosciuto da vivo, talora in assenza sia della Owen sia del Swaffer, che ne vennero avvertiti in seguito e che confermarono le sue comunicazioni.

Il caso non può essere considerato conclusivo: ignoriamo la portata dei fenomeni telepatici e retro cognitivi, e possiamo sempre supporre fenomeni composti di telepatia, chiaroveggenza, retro cognizione e precognizione; ma indiscutibilmente è molto singolare il fatto che nove medium, o per lo meno sette di loro, se ne escludiamo due attraverso i quali si ottennero solo scarse comunicazioni, abbiano potuto ricostruire, indipendentemente gli uni dagli altri, una stessa personalità attingendone gli elementi dai ricordi inconsci della Owen e dal Swaffer anche quando entrambi erano assenti. Tutta la vicenda è stata narrata particolareggiatamente dal Swaffer nel suo libro “ Il Ritorno Di Northcliffe “ ( Northcliffe’s Return – 1924 ).

 

3 – IL CASO DEL GIUDICE REGGIO – Dal volume “ Identificazione Spiritica “ di A. Ferraro – pag.23 e seg.

   Ferdinando De Rio, piemontese e autore di importanti opere d’occultismo filosofico, svolgeva l’attività di giornalista in seno alla redazione del periodico “ El Figaro “ di Buenos Aires. Nel 1898 egli aveva conosciuto certo Giuseppe Borgazzi, di Ferrara. Il legame fra i due, tuttavia, fu in un primo tempo superficiale: niente di più di un incontro fra connazionali in un paese lontano, sì che i loro rapporti, per l’assenza di interessi comuni, non si tramutarono subito in amicizia. Ma l’amicizia scaturì a seguito di un nuovo incontro casuale a Parigi, in occasione dell’Esposizione Internazionale del 1900. De Rio vi s’era recato come corrispondente del suo giornale e i contatti con Borgazzi divennero allora frequenti. Il ferrarese, in un primo periodo, ricusò quelle manifestazioni paranormali di cui l’amico l’aveva messo al corrente. In esse, infatti, non credeva, fondando il suo rifiuto su convinzioni materialistiche causa, tra i due, d’animate discussioni. Ma poi, forse per curiosità, furono fatte alcune prove, e da questa attività sperimentale emersero nel Borgazzi delle facoltà metapsichiche tutt’altro che trascurabili. De Rio, con la sua valida esperienza, riuscì a svilupparle e a guidarle tanto che, a seguito di metodiche e quotidiane sedute condotte con costanza, nel giro di qualche mese, s’estrinsecarono in fatti di scrittura automatica.

   La coerenza delle manifestazioni era tale da dare la certezza, almeno in base a quanto il De Rio scriveva, della loro essenza sicuramente paranormale, tanto definiti erano i messaggi ricevuti, e tanto attendibile il loro senso. Né, d’altra parte, ci sentiamo d’escludere aprioristicamente ( come molti farebbero ) un tale punto di vista, valutando i fatti alla luce di quanto stiamo per dire. Il ricevimento di molti messaggi, provenienti da presunte entità che non fornivano sufficienti estremi d’identificazione, non accontentava però il De Rio che, tuttavia, procedeva alla loro rigorosa catalogazione ( “ per uso personale “, come egli stesso dichiara ), con la speranza d’ottenere, prima o poi, qualche indiscutibile conferma. E questa avvenne, un giorno, e fu clamorosa.

   Una sera, ai primi di marzo del 1901, Borgazzi, che operava in stato di trance profonda, cessò bruscamente uno dei soliti colloqui che si svolgeva in scrittura automatica e che, non essendo scientificamente probante, sarebbe rimasto, assieme a tanti altri, fra gli appunti “ a uso personale “ dello sperimentatore. Ecco il contenuto del circostanziato messaggio, inaspettatamente pervenuto subito dopo:

“ Di fronte alla mia nuova esistenza, tutto sparisce: rancori, odii, collere della vita. Io ricuso tutto e mi limito a invocare la clemenza di Dio per i miei nemici e per tutti coloro che mi hanno amareggiato l’esistenza terrestre. Voi siete le sole persone con le quali mi sono potuto mettere in contatto dopo la mia morte. Dolorosamente impressionato a seguito del mio nuovo stato, vi prego di non abbandonarmi nel mio desiderio di riabilitazione. Mi è permesso di comunicare con voi, dovendovi dare l’incarico di sollecitare l’adempimento di una volontà che io avevo espresso in vita e che i miei eredi hanno trascurato ( omissis ).

   Io sono Vincenzo Reggio, presidente della Corte d’Appello, deceduto a Genova il 27 ottobre 1900, alle sei e mezza del mattino. Il mio domicilio era: corso Paganini 16. Mio fratello è Tommaso Reggio, arcivescovo di Genova. Scrivetegli. Addio “.

   Il motivo della parte di messaggio omessa, conferma la correttezza e la serietà di De Rio. La volontà non assecondata era di carattere privato e lo studioso piemontese, per delicatezza, non la riporta, anche per deferenza nei confronti dell’arcivescovo, personaggio indubbiamente di rilievo, implicato nella sconcertante faccenda. Lo sperimentatore richiese all’ignoto interlocutore se il desiderio fosse stato espresso nel testamento. La risposta fu:” No; la richiesta venne da me formulata alla sola persona presente “. Né De Rio né Borgazzi sapevano come si chiamasse l’arcivescovo di Genova, città con la quale non avevano alcun rapporto. Nemmeno sapevano del fratello, del suo nome, del suo decesso e, ovviamente, dell’ora della morte e dell’indirizzo. E tantomeno potevano essere al corrente della volontà espressa e della presenza al trapasso di quel solo congiunto. Infine, non potevano neppure conoscere che quell’ultima volontà fosse stata trascurata e che il congiunto fosse proprio il fratello arcivescovo. Dei vari punti, il relatore, che da studioso serio analizza criticamente i fatti, sia pur rilevati attraverso esperienza diretta,giudica di capitale importanza quella parte di comunicazione che riguarda la volontà espressa e non assecondata, e così commenta:2 Si tratta di un segreto racchiuso nel cerchio formato da un defunto e da un vivente. C’è il fatto molto semplice di un ordine dato in punto di morte cui non seguì l’adempimento e che il deceduto ha richiamato “.

   Ed ecco, ora, il testo della lettera che De Rio scrisse, con la cautela pretesa dal caso, per assecondare la sollecitazione del misterioso richiedente:

“ Monsignor Tommaso Reggio – Arcivescovo di Genova.

   Io prego V.E. di perdonarmi la libertà che mi prendo di scriverle. Ma ecco le ragioni che mi spingono a farlo. Io coltivo con serietà e ponderazione la scienza che si propone di esaminare i misteri della continuazione della vita dell’anima individuale in altre esistenze dopo la morte o, per meglio dire, dopo l’annientamento del corpo materiale. Fra le mie esperienze di penetrazione dell’invisibile, m’è spesso capitato di ricevere delle sollecitazioni da parte di personalità sconosciute al fine di comunicare con viventi essi pure a ma sconosciuti. Una di tali comunicazioni mi è pervenuta la sera del 2 marzo corrente, da parte di una individualità che ha affermato di essere Vincenzo Reggio, presidente di Corte d’Appello, fratello di Tommaso Reggio, arcivescovo di Genova. Essa dice di essere deceduta a Genova, il 27 ottobre 1900, in corso Paganini 16, alle sei e mezzo del mattino. Aggiunse inoltre che Ella era la sola persona presente al momento della morte, e d’averle espresso una volontà dettatale dalla coscienza e non inclusa nel testamento. Ebbene, essa si rammarica che una tale volontà sia stata trascurata.

Per prudenza e per un riserbo facilmente comprensibili, mi limito a fornire a V.E. le indicazioni essenziali del fatto e non riporto, per ora, il resto della comunicazione che tuttavia le trasmetterò, allorchè V.E. m’avrà dichiarato che i dati che comunico sono esatti e che Ella desidera conoscere il resto del messaggio. La mia fede non è cieca. Io desidero vagliare tutto al setaccio della verità: il mio animo non affonda le sue ricerche nelle illusioni, bensì nei fatti positivi. Per questo assegno straordinario valore all’evento in questione, se esso mi verrà confermato da una personalità di tanto livello come V.E. Aggiungo di dare la mia parola d’onore che mai rivelerò a chicchessia il contenuto della parte riservata della comunicazione. In merito al fatto probatorio, lo renderò di pubblica ragione, soltanto se V.E. mi consentirà di farlo.

   Parigi, 3 marzo 1901

                                              Ferdinando De Rio “

   La rapidità della risposta, deducibile dalle date, conferma l’interesse con cui il prelato genovese riguardò la lettera. Ecco la sua immediata risposta.

                                          Genova, 7 marzo 1901

   “ Ill.mo Sig. Professore

   La ben grata sua lettera mi recò senso di meraviglia e di curiosità insieme. Sono a lei riconoscente, e la ringrazio della comunicazione fattami. Verissimi sono i fatti segnatimi. E molto volentieri riceverò l’altra lettera, che mi promette la S.V. Ill.ma recante le parole importanti che avrebbe dettate il povero mio fratello. Vorrei pure sapere, se è possibile, come mai venne evocato costì il di lui spirito, o come non evocato sarebbesi manifestato. E’ cosa, come ella dice benissimo, che m’interessa assai, e come le sono grato di avermi ora scritto, così la prego di compiere l’opera, fornendomi tutte quelle altre notizie, che è possibile.

   Ringraziandonela anticipatamente, me professo quale sono con tutta stima.

   Della S.V. Ill.ma devotissimo

                                                           + Tommaso Arc.vo

   De Rio, ovviamente, riscrisse al prelato genovese ma questi, probabilmente contrariato per essere stato colto in difetto, non rispose più. O, forse, l’opposizione allora esistente nell’ambiente ecclesiastico, in relazione alle manifestazioni  interpretabili spiriticamente, può averlo indotto a troncare il carteggio, magari anche, dati i tempi, col rammarico d’averlo iniziato. La documentazione esistente, però, è di per sé già avallante nei confronti dell’accaduto, sì da confermarne il valore anche dal punto di vista scientifico. Questo, naturalmente, non con riferimento all’interpretazione spiritica, sempre discutibile, ma alla sua essenza paranormale, nell’ambito della chiaroveggenza telepatica.

   Ma un altro messaggio in scrittura automatica, misteriosamente giunto dall’ignoto come il primo, diede poi una risposta scientificamente non valida, in quanto priva di conferma, tuttavia molto coerente e densa di contenuto. D’altra parte, l’interesse dimostrato dall’arcivescovo nel suo scritto immediato, pensiamo non faccia insorgere il minimo dubbio in merito all’avvenuto adempimento del volere dello scomparso. Ecco il testo di tale conclusiva comunicazione:

   “ Mio fratello, riconoscendo la sua colpa o per ispirazione del vostro spirito protettore, ha rimediato al male che aveva fatto. Io sono felice di questo intervento superiore; pertanto, tranquillizzato, posso continuare il mio cammino verso il mio perfezionamento. Ho avuto delle discussioni sullo spiritismo, con mio fratello prelato; noi ammettevamo senz’altro la validità di tale dottrina nel suo insieme, ma non l’abbiamo mai voluta studiare a fondo. Se egli ascoltasse il mio desiderio, io ora l’avvierei, in modo sicuro, lungo la via vera e potrei così aprire nell’ambito cattolico, un dibattito interessante. Io conosco ora la differenza che esiste fra la giustizia del mondo dove mi trovo e quella alla quale ci sottomettiamo sulla terra; io conosco ora i numerosi errori in cui sono caduto in base al codice giudiziario. Vorrei quindi poter intraprendere la riforma che s’impone per la legalità e la giustizia. Ho vissuto a lungo nell’ambiente giudiziario; ho profondamente rispettato la moralità che le leggi mi imponevano; ora ne riconosco i difetti. La legislatura e il clero: ecco le istituzioni che è importante riformare “.

   Questo il fatto. L’autore prosegue , quindi, con un’attenta analisi ed un lungo ed esaustivo commento ai fatti narrati e con la relazione delle innumerevoli polemiche, sfociate in vere diatribe, che nacquero intorno ad esso.

 

4 – IL CASO STROMBERG – dall’ Uomo e l’ Ignoto – vol. V

   Famoso caso d’identità che ebbe per protagonista la medium Elisabetta D’Esperance e che si presenta come uno dei più controllati e suasivi. La vicenda ebbe inizio il 3 aprile 1890 a Gőteborg, in Svezia, dove la D’Esperance era allora impiegata negli uffici del signor Fidler. Quel giorno la medium era intenta a scrivere alcune lettere d’affari e stava meditando sulla scelta delle parole quando la sua mano vergò automaticamente sul foglio, a grandi lettere, un nome: Sven Strőmberg. Irritata di avere così sciupato la lettera che stava scrivendo, gettò il foglio in un cassetto, e si informò presso gli altri impiegati se qualcuno di loro conoscesse questo Strőmberg, ma il nome era ignoto a tutti. Quel giorno stesso la D’esperance scrisse al signor Fidler, che era interessato ai suoi fenomeni, e si trovava allora a Londra, lamentandosi, fra l’altro, dell’incidente capitatole: la copia di questa lettera, ottenuta col copialettere, rimase a documentare il fatto.

Due mesi dopo, nel corso di una seduta a cui erano presenti il noto metapsichista Alexander Aksakov e lo stesso Fidler, lo spirito guida della medium, Walter, comunicò per scrittura automatica che era presente un’entità che diceva chiamarsi Strőmberg e desiderava informare i suoi parenti di essere morto nel Wisconsin il 13 marzo, lasciando la moglie e sei figli; asseriva inoltre di essere nato  nella provincia di Jemtland, in Svezia, dove appunto risiedevano i suoi parenti. Questo Strőmberg fu naturalmente messo in relazione con lo Strőmberg che aveva scritto il suo nome il 3 aprile, e tutti erano ansiosi di avere chiarimenti, ma Walter per il momento non ne diede. Frattanto era stata organizzata una serie di sedute per avere fotografie medianiche, ma i risultati non erano stati molto soddisfacenti salvo in un caso. Una volta che si era scattata una fotografia della medium solo per assicurarsi del regolare funzionamento dell’apparecchio, al di sopra del volto della D’Esperance apparve quello di uno sconosciuto. Quando fu chiesto a Walter chi fosse, egli rispose che si trattava dello stesso Strőmberg di cui aveva parlato e che aveva lasciato la sua firma aggiungendo che egli non era morto nel Wisconsin, come aveva comunicato precedentemente, ma a New Stockolm nel Canada, e non il 13 ma il 31 marzo, tre giorni prima di avere scritto il suo nome sulla lettera iniziata dalla medium. Era emigrato nel Canada nel 1886 e aveva avuto non sei ma tre figli; i suoi parenti abitavano a Strom Stocking nella provincia di Jemtland, ed egli desiderava far loro sapere di essere morto compianto da tutti dopo avere raggiunto l’agiatezza.

   Il Fidler scrisse allora al parroco di Strom Stocking chiedendogli se in quel paese era vissuto un certo Strőmberg emigrato nel Canada nel 1886, e, poiché non riusciva a rintracciare sulla carta geografica la località di New Stockolm, scrisse a un amico, viceconsole a Winnipeg, chiedendo chiarimenti. La risposta del parroco fu deludente: nessuno Strőmberg aveva mai abitato nel paese; nel 1886 era però emigrato nel Canada, con la giovane moglie, un certo Sven Ersson. Quella del viceconsole fu invece molto esauriente: Sven Ersson, nativo di Strom Stocking in Svezia, era effettivamente emigrato nel Canada e aveva cambiato il suo nome in quello di Strőmberg, dal suo paese di origine, per distinguersi dagli altri numerosi Ersson che aveva trovato sul luogo; aveva poi acquistato terre in una regione che, in seguito, era stata denominata New Stockolm, aveva avuto tre figli ed era morto il 31 marzo del 1890. Il pastore che lo aveva assistito negli ultimi momenti aveva dichiarato che il suo ultimo desiderio era stato quello che i suoi parenti rimasti in Svezia fossero avvertiti della sua morte; la vedova del defunto ammise di non averlo fatto perché il più vicino ufficio postale distava 40 chilometri dalla fattoria di New Stockolm, ma si affrettò a spedire una lettera, già preparata ma non ancora impostata, non appena fu messa al corrente dei fatti. La fotografia medianica dello Strőmberg, inviata a Strom Stocking, fu appesa nella sacrestia e tutti coloro che lo avevano conosciuto lo riconobbero, notando solo che, al tempo che egli era emigrato dal paese, non portava i baffi che apparivano nella fotografia. Tali dichiarazioni vennero messe per iscritto e inviate al signor Fidler insieme alla fotografia stessa. La storia venne riferita integralmente dal “ Medium and Daybreak del 21 aprile 1893 e in seguito pubblicata in un volume che ebbe una notevole diffusione in Scandinavia e in Germania.

   Questo caso sembrerebbe molto ben documentato: purtroppo ignoriamo quale fine abbia fatto la voluminosa corrispondenza che era stata raccolta dal Fidler. Tutte le documentazioni rimaste in possesso della D’Esperance andarono distrutte durante la prima guerra mondiale a opera della polizia tedesca che perquisì la sua casa in Germania, dove ella si era stabilita dopo il matrimonio. Così un fenomeno che avrebbe potuto essere altamente significativo e che ebbe una grande eco nella stampa dell’epoca, rimase e rimane scarsamente provato di fronte alle esigenze di un accertamento scientifico, tanto più che, tra la relazione molto succinta che ne dà la D’Esperance nel suo libro Il Paese Dell’ Ombra ( The Shadowland, 1897 ) e quella più estesa apparsa sul Mediu and Daybreak, appaiono alcune divergenze. Ammettendo la realtà dei fatti, sembra innegabile che l’iniziativa del fenomeno sia stata presa dall’entità comunicante, desiderosa di far conoscere ai parenti e agli amici di Svezia la sua morte, e, più ancora, di far sapere loro di essere divenuto un uomo importante nella sua nuova patria, visto che la moglie non aveva potuto soddisfare le sue ultime volontà. Un’iniziativa chiaroveggente da parte della medium è, in realtà, molto poco probabile come lo è, allo stato attuale delle nostre conoscenze, qualsiasi altra ipotesi alternativa.

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